Franco Giuli: Strutture e spazi di superficie di Bruno Corà

Franco Giuli: Strutture e spazi di superficie di Bruno Corà
Materiali e costruttività
Sorprende e suscita davvero nuovo interesse l'azione intrapresa da Franco Giuli nell'elaborazione sistematica di una serie di elementi in folio prodotti dall'industria dei cartonati per l'imballaggio, la cui varietà morfologica risponde alle innumerevoli sperimentazioni a cui l'artista di Fabriano li sottopone.
Ancor prima di osservarne le originali modalità operative e i pregevoli esiti che in questo episodio espositivo palermitano si offrono al nostro sguardo, vale la pena ricordare che su tali materiali, per lo più considerati sempre extrapittorici, Giuli ormai da oltre un trentennio esercita un'assidua sperimentazione coniugando il suo lavoro a due grandi sfere di esperienza artistica, quella materica e quella costruttivista. E se nel primo versante i riferimenti storici di cui Giuli sembra tenere conto sono costituiti soprattutto dalle esperienze futuriste, nel secondo quello costruttivista, non si possono eludere né le lezioni provenienti dal Bauhaus né quelle dei registri spaziali espressi dal de Stijl. Peraltro, nella seconda metà del Novecento, proprio dai medesimi territori da cui proviene Giuli, la significativa personalità di Giuseppe Uncini – che ai materiali e all'idea 'costruttiva' ha dedicato gran parte della sua opera –  ha anch'essa costituito un precedente ineludibile per l'assiduità sperimentale, il rigore concettuale e fabbrile e una innata inclinazione metrico-spaziale. Di Uncini, infine, Giuli è stato sodale contemporaneo, vantando con lui un'autentica amicizia e frequentazione sino alla scomparsa del creatore dei “cementarmati”, avvenuta nel 2008.
Con alle spalle la consapevolezza di un simile background e l'esperienza di una propria ricerca coerente e assidua, Giuli è avanzato nel territorio dei materiali impiegabili per rinnovare in autonomia l'avventura pittorica e plastica e sviluppare con originali sensibilizzazioni delle superfici dei supporti nuovi processi individuativi dello spazio e dell'immagine, che restano – per ogni artista – gli obiettivi fondamentali dell'opera.
 
Il cartone e la strutturazione della superficie
Il percorso compiuto da Giuli nella strutturazione della superficie dei propri lavori trae spunto felice e singolare dall'impiego del cartone e del legno, sin dall'inizio degli anni Settanta, per articolarsi compiutamente con il solo uso di differenti qualità e morfologie di prodotti cartonati, negli anni successivi, fino a una vigorosa ripresa a partire dal 2008 e in particolare nelle sue più recenti esperienze.
La mostra del 2016 al Museo Bilotti di Roma è in tal senso l'episodio compendiario più recente, vicino all'attualità, della ricerca di Giuli, già diversificata da allora a oggi in tal senso.
Val bene la pena, dunque, una rinnovata osservazione dei passaggi chiave di questa lenta concezione progettuale che, come l'imbastitura di un tessuto, segna il singolare andamento di un linguaggio che dalla pittura ha inteso trasformarsi in organismo plastico o, se si preferisce, dalla pittura fatta col colore a base di pigmento o acrilica è giunto alla pittura fatta da materiali pur colorati o monocromi. Di una simile metamorfosi la ragione è da ricercarsi in quell'attitudine a considerare la pittura stessa quale prassi di inveramento del reale che abita il pensiero e che esige di venire alla luce attraverso l'opera.
In Giuli l'immaginario è tout-court progettuale e in tal guisa proteso alla 'costruzione-verifica' di quel pensiero, di volta in volta suscitatore di realtà sensibile, qual è la pittura.
L'epifania concreta di questa trasformazione si registra nel 1973, quando l'intenso esercizio di una pittura su tela recante in nuce la plasticità di piani geometrici in cui si simula già lo scarto di quote nelle forme disegnate e distinte dai colori, si tramuta in “acrilici + cartoni” (1973), ovvero opere non più bidimensionali, ma 'rilievi' fisici, in cui la pittura e l'elemento plastico, tagliato, piegato, distanziato dalla sottostante traccia pittorica (che sembra divenire la matrice o l'ombra di quello) operano insieme alla nuova configurazione di una spazialità più vicina ai nostri sensi, provocatoriamente protesa a suscitare la fruizione tattile dell'immagine e la sua esperienza  nella terza dimensione.
Nel realizzare gli “acrilici + cartone” di quegli anni, e soprattutto nella preparazione progettuale degli “sviluppi plastici programmati”, Giuli non solo tiene conto 'strutturalmente dei punti luce' dai quali immaginare l'organismo proto-plastico da disegnare e realizzare (spesso opposti tra loro), ma si preoccupa di ricordare in quei disegni progettuali che “le ombre sono da considerare elementi di equilibrio tra spazio e struttura”.
I cartoni usati in quei primi lavori, di colore rosso vermiglione, nero e giallo arancio sono di lieve consistenza e ostentano la morfologia di 'fettucce' rigide, angolari, lineari, non prive di una vocazione architettonica sognata o allusa, mentre la loro collocazione spaziale osserva spesso andamenti diagonali e pertanto congenitamente dinamici. A tali aspetti aveva acutamente posto attenzione Argan che – nella ripresa delle considerazioni compiute sul lavoro di Giuli da critici come Ponente e altri – dopo essersi soffermato sulla valenza dell'ombra con un richiamo al Guarini che «studiava le ombre proiettate come una componente dell'immagine architettonica e determinava le forme in funzione delle loro proiezioni»[i] giunge a identificare nel lavoro di Giuli come il processo percettivo, quello progettuale e infine quello costruttivo siano una cosa unica. «Si spiega allora - conclude Argan – perché la morfologia costruttivista, che è il riferimento storico a cui si rifà esplicitamente Giuli, assuma un significato non più di linguaggio ma di codice ...».[ii]
Con tale strumento della costruzione visiva e progettuale Giuli, dopo il 1975, imprime alle proprie ricerche pittorico-plastiche un'accelerazione febbrile, attuando esperienze basate sull'impiego del cartone solo o coniugato con strutture lignee, alternando strutture ortogonali e angolari nella definizione delle forme, dei piani e dello spazio nel suo insieme, a strutture dagli andamenti diagonali diversamente quotati, con divisioni delle superfici e interrompendo la loro complanarità per introdurre sbalzi e rilievi di sensibilizzazione delle stesse, fino a ottenere quell'entità di continuum variato, modulato e articolato che in senso musicale si definirebbe – a mio parere – come 'fuga'.
Di questa rilevante stagione dell'arte di Giuli - a base di cartoni e di cartoni + legno – questa mostra di Palermo offre e indica l'inizio linguistico distintivo, attribuibile solo a Giuli, per consentire di apprezzare e valutare appieno gli sviluppi attuali della sua opera.
 
Le opere dal '75 alle 'jute' (1979-80)
Nella produzione degli anni Settanta, soprattutto dal '75 in poi, fortemente caratterizzata da una strutturazione del quadro, mediante cartoni vari in rilievo, Giuli elabora non solo la geometria ma i piani le collocazioni e giustapposizioni dei cartoni in essi, le variazioni cromatiche (monocromatiche ogni volta nere o beige) le angolature prodotte sulle carte per ottenere sollevamenti di quota delle stesse, come risulta evidente nel Senza titolo, 1976, rigorosamente costruito con  carte bianche e nere.
Con questa sintassi egli avanza nella messa a punto di un'opera-struttura che con l'inserimento di assicelle lignee accanto ai cartoni e in funzione di scandirne la forma e la derivata spazialità, si definisce ancor più in senso plastico e di rilievo complesso. Ne sono esemplari risultanze il Senza titolo,1976 (cm 100 x 210 x 8), il Senza titolo, 1976-78 (cm 103 x 73,5 x 8) e il grande trittico Senza titolo, 1977-79 (cm 65 x 290 x 6), magistrale composizione di cartoni + legni, oltretutto esaltante dinamismo ed equilibrio, nella sequenza internamente ordinata di triangoli e forme lignee zig-zaganti.
In quegli stessi anni Giuli affina le modalità di elaborazione dei cartoni ricavandovi e ponendo in risalto numerose proprietà costitutive di quei materiali apparentemente neutri per le loro forniture standard. Il taglio, la piega multipla, l'angolatura, la sovrapposizione, l'alternanza cromatica a valenza ritmica e percettiva, l'iterazione morfologica divengono lessicali pronunciamenti estratti dal materiale duttile all'azione trasformatrice con cui Giuli giunge a definire forme, strutture e spazio dell'opera.
Si osservino in tale percorso il Senza titolo,1976 (cm 70 x 100) e il più esteso Senza titolo, 1975 (cm 70 x 200).
Le 'variazioni' di Giuli, ciò che ho definito 'fughe' pensando al fraseggio musicale bachiano, potrebbero estendersi ancor più, quasi senza limiti, poiché la loro interna regola osserva principi classici fondati su archetipi immutabili, ricavabili in natura ma già consegnati all'inesauribilità combinatoria delle soluzioni architettoniche e spaziali.
Da un'opera come il “trittico” del 1977-79 ai Senza titolo,1979-80, degli acrilici su juta, il passo è breve e se ne coglie tutta la coerente consequenzialità mentre si valuta la valenza aggiuntiva di una nuova manifestazione materico-cromatica che guadagna il suo spazio con l'identità di  “shaped canvas”.
 
Dalle opere del 2016 agli “Incastri” attuali
Nel presentare le opere concepite e realizzate tra il 2008 e il 2016, tutte a base di cartoni da imballaggio e costruite mediante sovrapposizioni, quote diversificate, sbucciature delle carte che rivelano gli alveoli e le ondulazioni del materiale e altre elaborazioni, avevo compiuto un  richiamo sull'intima essenza del fare pittura, affermando che «essa, in ultima analisi, è soprattutto una logica autonoma e individuale, una tensione poetica posta in opera ...»[iii] con piena libertà dall'artista. E, nell'intento di approfondire tale concetto basandomi su quanto è osservabile nel lavoro di Giuli, vorrei affermare che quella 'logica' per giungere al grado essenziale di pittura e dunque d'arte, deve divenire ossessiva, dimenticando i pur congeniti limiti della materia, le difficoltà elaborative, i ristretti ambiti dell'azione possibile alla manualità, deve infine tracimare nella libertà dell'immaginazione a cui tutto è consentito e possibile.
Ebbene, credo che Giuli abbia raggiunto una propria 'logica' e che la sua pittura si autoalimenti da una dinamo poetica tanto curiosa quanto felicemente ossessiva. Dalle carte o dai cartoni ricava strappi, rivela le profondità e gli spessori spellando la superficie, affiancando integrità e rottura, colore acrilico e monocromia materiale, ombra e luce delle forniture dei cartoni ondulati, non rinunciando all'impiego del taglio con lame e al disegno delle forme. I vuoti e i pieni di quelle diverse morfologie che si nascondono sotto le superfici vengono alla luce mediante minimi ma essenziali interventi manuali che determinano forme geometriche, ritmi e alternanze cromatiche ordinati con sapienza. Tagli passanti, incisioni, strappi, spaziatura, contrasti dominano la strutturazione delle superfici rivelando una spazialità che non rinuncia nell'innovazione ad attributi come la storia dell'arte ha già conosciuti, ma che riaccoglie nuovamente modificati.
Tra il 2016 e il 2017 le intuizioni dei Senza titolo esposti nella mostra di Roma al Museo Bilotti hanno assunto l'identità complessa degli Incastri con un inconfondibile vocazione architettonica. Ognuno di questi 'collages' e 'assemblages' di varietà diversificata di cartonati, dominati da una geometria 'resistente' alle decostruzioni, agli strappi, alle morfologie iterate di un'araldica trasformata in segnaletica, recano, come nuovo sentimento, una spazialità a scala urbana, Appaiono come vaste policrome planimetrie di edifici della mente, di costruzioni di habitat poetici, prefigurano un urbanistica che, se non può trovare attuazione, alimenta la propria ossessione consentendo a Giuli di avanzare nel suo libero cammino di pittore contemporaneo.

Polo Museale Belmonte Riso di Palermo è aperta dal 13 settembre al 10 novembre 2017.

 
[i]     Giulio Carlo Argan, “Introduzione” a Franco Giuli 1965-1976, La nuova Foglio Editrice, Polenza (Macerata), p. s.n.
[ii]    Ibid.
[iii]   Bruno Corà, “Franco Giuli; Le costruzioni pittorico-plastiche e oltre”, in Franco Giuli: opere dal 2008 al 2016, catalogo mostra a cura di B. Corà presso il museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, Roma, 7 luglio – 4 settembre 2016, Edizioni  Magonza, Arezzo, 2016,p. s.n.


 

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