TRADIZIONE E CONTEPORANEITÀ Nuove prospettive per la pittura murale di Ludovico Riviera

TRADIZIONE E CONTEPORANEITÀ Nuove prospettive per la pittura murale di Ludovico Riviera
Stiamo assistendo, in Italia come nel resto del mondo occidentale, ad una resistenza delle immagini, che si sta trasformando in nuova rinascita: la modernità, l’avanguardia e le conseguenti idee di progresso credevano (sbagliando, oramai lo possiamo affermare senza paura) di poter avanzare senza l’ausilio, anzi rigettando quasi completamente, l’importanza fondativa che le immagini, tradizionalmente intese e dipinte, assumono nella nostra cultura condivisa. Di questa rinascita fanno parte diverse realtà più o meno conosciute. Una delle più interessanti, benché non celebre, è quella portata avanti oramai da lustri dal professor Saverio Vinciguerra dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, e dal suo eterogeneo gruppo di studenti. Il murale della scuola Franz Kafka di Merano è l’ultima fatica nata da questa esperienza didattica e civica che porta studenti, spesso inesperti, a misurarsi con prove artistiche grandi, desuete e sempre poste in un serrato dialogo con la realtà a cui vengono destinate: questo lavoro in particolare si presenta come una allegoria delle molteplici forze che si sprigionano nel corso dei processi di inclusione e apprendimento di cui la scuola è teatro, e costituisce inoltre una perfetta esplicazione degli ideali promulgati da Vinciguerra e i suoi allievi.
 
L’architettura visiva è semplice, si compone di una forma geometrica ibrida, quasi spiraliforme, che in un moto ascendente si dipana tra le finestre della facciata dell’istituto: quest’onda o vela, strutturata nella sua dinamica volumetria con campiture cromatiche incasellate in un reticolo simile a quello dei wireframe digitali, non vuole distinguersi dal mondo contemporaneo. Esso viene anzi celebrato nel tripudio di colori puri e geometria astratta di cui gran parte della quotidianità odierna si compone; attraverso l’utilizzo di un linguaggio coltissimo, che mescola simili istanze grafiche con una resa della figura umana richiamante antichi manifesti tipici dell’Europa dei cambiamenti tra otto e novecento, la contemporaneità dell’immagine si ricollega quindi allo scisma della modernità fino a condurre, con la sua narrativa, ad una consapevolezza antropocentrica e prenichilista, che potremmo supporre sia prossima a tornare. Sì, perché a solcare i moti della spirale vi sono figure umane, che si sfidano in una gara alla conquista di tutto ciò che la forma e i colori ambiscono a rappresentare. L’essere umano continua ad essere l’epicentro, sia costruttore che fruitore, o vittima, delle energie dalla vela, che vanno studiate, comprese e, immergendocisi, risalite a fatica fino alla destinazione finale: un “Eureka!” che prelude ad un miglior utilizzo di forze e informazioni oramai domate, acquisite e ricomponibili. Una capacità che la miglior scuola deve poter garantire a qualsiasi studente, una necessità che oggi, in un momento storico di enorme saturazione contenutistica, bisogna saper affrontare. Ed è questo uno dei frangenti in cui la giustezza dell’arte si rivela: l’opera è un sigillo che immobilizza l’astrazione degli intenti, li concretizza rendendoli visibili e presenti nella comunità in cui viene calata. L’opera d’arte, soprattutto se pubblica, è una concrezione di idee potenziali che hanno da sempre mosso l’umano progresso, e che solo le persone attorno ad essa, e incalzate dalla stessa, possono veicolare nella realtà con successo.
 
Questi significati apparirebbero pure fondamentali, se non fosse che gran parte della cultura umanistica da cui sono tratti sia stata negletta nel corso dell’ultimo secolo: un fatto che oggi Vinciguerra e i suoi ragazzi hanno completamente ribaltato, realizzando un dipinto che, pur sfruttando le tecniche nate da quell’inusitato e forse spropositato sviluppo tecnico, si esplica nella chiarezza di una visione simbolica che ci permette, in qualche modo, di ritornare agli albori della nostra essenza, sempre propensa al dominio, alla scoperta e all’ordinazione del caos che periodicamente riemerge solo per soccombere di nuovo alla determinazione della ragione e dello spirito.

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