CONVERSAZIONI D’ARTE: Incontro con l’artista Caterina Arcuri di Maria Vinella

CONVERSAZIONI D’ARTE:  Incontro con l’artista Caterina Arcuri  di Maria Vinella
Caterina Arcuri opera nel campo della ricerca artistica ed espone dagli anni Novanta. Esploratrice per vocazione, la sua ricerca è alimentata dall’energia e dalle suggestioni dei luoghi di cui percepisce le stratificazioni geotemporali, rendendole spesso protagoniste della sua opera. Grande sperimentatrice, pur esprimendosi attraverso il video, la fotografia e la performance, riconduce la sua ricerca, soprattutto, all’installazione site specific e a quella ambientale.
 


-Arcuri, qual è stata la tua formazione, hai condotto studi artistici?
Sono cresciuta tra i libri. La libreria di famiglia mi ha dato il privilegio di trascorrere ore tra gli scaffali e di scegliere le letture che hanno determinato la mia formazione. L’arte antica e il rinascimento italiano sono stati fondamentali. Quello che da bambina era quasi inconsapevole dialogo con la storia, crescendo si è materializzato in forme e concetti. Poi tutto è avvenuto in maniera naturale, attraverso la scelta dei percorsi artistici e musicali, con i viaggi − che ritengo fortemente formativi − incontrando grandi maestri, straordinari compagni di viaggio e persone molto simili o completamente diverse da me. É in questa complessa pluralità che ho cercato una completezza esistenziale ed artistica.
 
-Hai studiato pittura, vero? Raccontaci come è iniziato tuo lavoro d’artista, quali tematiche ti hanno appassionata … Chi ha seguito il tuo percorso espressivo, con chi ti sei confrontata …
Sì, ho studiato pittura che per anni è stato il linguaggio più congeniale al mio fare arte. Ho sempre subìto il fascino del Mito, della Storia e del Sacro. Negli anni, la mia ricerca si è ampliata, non solo nei contenuti, ma anche nella scelta dei mezzi espressivi dal video alla fotografia, dalla performance alle forme plastiche, all’installazione. Inoltre, mi piace seguire con molta attenzione il processo di lettura e comprensione delle mie opere. Ad esempio, nelle installazioni − che nascono dalla sovrapposizione e interazione dialogica di forme in acciaio, terracotta e legno, e che si essenzializzano in un progressivo itinerario di sublimazione − lo spettatore è coinvolto e, guidato da una minimale segnaletica, può scegliere se sintonizzarsi con le mie intenzioni o compiere un percorso autonomo che inizia − o si conclude − con un attimo di consapevolezza del sé incontrato in una delle superfici specchianti. Queste mie ricerche sono state seguite da R. Barilli, M. Bignardi, G. Bonomi, G. Di Genova, A.P. Fiorillo, L.P. Finizio, L. Caccia, M. Cristaldi, G. Gigliotti, A. Lombardi, P. Restany. Mi sono confrontata in varie occasioni con A. Sanna, T. Coltellaro, R. Pinto, S. Caramia, V. Biasi, P. Aita, R. Cardone, T. Sicoli, R. Lacarbonara ecc.
 
-E oltre il “mestiere” d’artista? Cos’altro ti appassiona?
Insegno Pittura all’Accademia di Belle Arti. La cosa più affascinante dell’insegnare è ciò che si impara. Essere ogni giorno accanto ai giovani consente di confrontarsi con idee nuove e diverse e richiede di misurarsi con quesiti e sfide sempre più audaci. L’arte ci accomuna e ci divide essendo creazione e trasformazione svincolata da leggi fisse e ripetibili. Cerco di destare nei ragazzi il piacere di scoprire, di comunicare e di confrontarsi, assecondando gli spiriti maggiormente curiosi e creativi e stimolando quelli più chiusi. In questo modo si pone il desiderio di conoscere al centro del processo educativo e nei giovani si forma una personalità autonoma e creativa che li aiuta nell’inserimento sociale e lavorativo. A mio avviso, è opportuno che la scuola mantenga un atteggiamento autocritico e costruttivo sul proprio ruolo nella società, non solo adeguandosi al nuovo ma essendo il nuovo.
 
-Oltre alla pittura e alla scultura, negli ultimissimi anni il tuo lavoro si presenta sotto forma di installazioni. Proponi forme molto interessanti e fortemente connotate, protette da involucri di acciaio o plexiglas satinato … di cosa si tratta?
Sono forme che provengono a volte dalla Mente, altre nel Cuore; forme sempre più alleggerite di ciò che di giorno in giorno si consuma, si perde o a cui si rinuncia, tendenti ad un’essenzialità che potrebbe essere la cifra del nostro stare al mondo; sono sculture in grado di attraversare il fuoco della purificazione alchemica e spirituale, trait d’union tra Terrestre e Celeste.
 
- Esponi dagli anni Novanta e hai un curriculum denso di attività. Ricordo innumerevoli personali e collettive, dove riversi tutta l’energia delle tue ricerche. Soprattutto i tuoi video mi sembrano molto interessanti … Così come le installazioni …
Ho sempre ravvisato nel ruolo dell’artista “privilegi” e responsabilità. L’arte dischiude le porte del mondo alla bellezza, alla spiritualità, al sogno o all’immaginazione ma è anche memoria del passato e consapevolezza del presente: tutte situazioni considerate scomode, quando non sovversive. Nei video ho tentato di restituire la dimensione dello spazio-tempo-infinito: quello che si fa ricerca di conoscenza, soggettiva esperienza ed oggettiva descrizione del mondo. Lavorare con le installazioni è più simile ad una pratica zen nella quale le forme fremono come germogli in primavera e sono il punto di incontro tra il mio e l’altrui sguardo.
 
- Cosa ti aspetta nell’immediato futuro? É in corso una tua  mostra, che si chiama “Transforma”, al MARCA, giusto? Quali opere esponi?
Nell’immediato futuro vorrei portare a termine una serie di collaborazioni e di progetti scaturiti da Transforma. Transforma è viaggio e miraggio, i piedi ne sono protagonisti. I piedi che tutti consideriamo importantissimi, perché ci consentono di camminare e correre, sono trascurati in quanto organi di senso ed antenne rivolte verso la terra invece che verso il cielo. Grazie ai piedi possiamo percepire il succedersi di epoche, uomini e fatti che chiamiamo Storia anche se ne calpestiamo solo lo strato visibile. Le installazioni più importanti di Transforma sono collocate a terra ed il pubblico le attraversa, camminando tra le forme che le compongono, osservandole ed immergendovisi dall’alto. I piedi consentono ai visitatori della mostra di esserne consapevoli protagonisti, ad essi si rivolge il titolo della mostra come invito ad attraversare (transeo) le forme/mondo, scegliendo, con cura, il proprio posto. La mostra si compone di quattro grandi installazioni ambientali e di numerose sculture. Protagonista è il tempo, sia come elemento dinamico, principio di ogni tra(n)sformazione, sia come luogo di sedimentazione in senso geologico prima, archeologico poi. La trasformazione e la sedimentazione, il dinamismo eclatante e la stasi si susseguono di opera in opera, partendo da una sorta di nucleo centrale, rappresentato dall’installazione Sorgente Sotterranea, dalla quale sgorga l’acqua che disseta, nutre e lava o sommerge ed annega, foriera di vita ed elemento indomito e terribile, fino a giungere a FF., che è l’installazione che “chiude”. FF. rappresenta una sorta di luogo di approdo di ciò che nelle altre opere abbiamo visto nascere, crescere e mutare, questo è il luogo dove gli elementi hanno smesso di lottare tra essi, trovando un equilibrio sereno o forse crudele, come accade all’indomani di un naufragio o di un’alluvione, quando la stasi ed il silenzio ci consentono, nuovamente, di pensare e capire.