IL TEMPO DILATATO DI BILL VIOLA

A cura di: Maurizio Cesarini

IL TEMPO DILATATO DI BILL VIOLA   
Bill Viola ha saputo tradurre la versatilità del video in un’opera che stupisce per determinazione stilistica e per sovrapposizione di senso, arrivando persino a contaminare iconograficamente esperienze artistiche del passato. È noto il caso della Visitazione del Pontormo, riproposta con una lucidità teorica e tecnologica assolutamente contemporanee.

 di Maurizio Cesarini 
 
Bill Viola ha saputo tradurre la versatilità del video in un’opera che stupisce per determinazione stilistica e per sovrapposizione di senso, arrivando persino a contaminare iconograficamente esperienze artistiche del passato. È noto il caso della Visitazione del Pontormo, riproposta con una lucidità teorica e tecnologica assolutamente contemporanee.
Ciò che va rilevato all’interno dell’opera di Viola è lo strutturarsi di un pensiero che come in una sorta di palinsesto a strati sovrapposti, rivela via via interessi che vanno dalla cultura religiosa orientale ,in particolare il buddismo Zen, all’iconografia cristiana, sino ad arrivare alla spiritualità mistica di Ildegarda  di Bingen, Master Eckhart e Giovanni della Croce.
Questo dimostra il valore e la profondità del lavoro di Viola che utilizza tecnologie raffinate e complesse, per ottenere un risultato di apparente semplicità, così come adopera la complessa stratificazione della cultura, per esprimere sentimenti primari come la gioia, la tristezza e la sofferenza; oppure stati dell’essere come la vita o la morte e fra queste il transito, il passaggio misterioso che conduce dall’una all’altra.
Analizzando la sua opera uno degli elementi che appare fortemente significativo è l’idea di un tempo che non appartiene al mondo, non trascorre parallelamente al fluire vitale della ripresa, ma è dilatato, quasi sospeso.
Ciò sta ad indicare sia l’idea di una autonomia dell’opera rispetto alla consueta temporalità del mondo,sia una riflessione più eminentemente culturale poiché in molti miti l’idea del tempo esperito dall’uomo è associato alla finitezza umana,ai suoi evidenti limiti,mentre il tempo dilatato, espanso attiene più alla natura divina e trascendente.
Inoltre l’ampliamento temporale dell’accadimento blocca il gesto in una sorta di eterno presente, dove le modalità percettive comuni vengono dimesse in favore di un più attento e consapevole guardare.
È il caso di un’opera come Greeting del 1995, dichiaratamente ispirata alla Visitazione del Pontormo, dove appaiono due donne in conversazione in uno spazio chiaramente ispirato al dipinto, ma laddove l’artista manierista indovina uno sfondo che funziona quasi  da quinta teatrale all’evento, Viola predispone uno spazio costruito, un ambiente di studio che si apre verso l’indefinito.
L’assetto narrativo del video dichiara un incontro tra due donne, mentre una terza sopraggiunge e occupa interamente la scena creando con una sottile divagazione gestuale, un rapporto con la donna ,già presente, che si affretta a riceverla, mentre si solleva un vento leggero che si inserisce come elemento di ulteriore complessità narrativa.
Il  vento, appunto, considerato in molte culture come elemento dell’aria e dell’uomo stesso, ma anche medium privilegiato della parola del dio, qui appare assai significativo, poiché aumenta di intensità quando le due donne  presumibilmente in stato di gravidanza, avvicinandosi si toccano attraverso un abbraccio che unisce i due corpi in una fusione ideale.
Il movimento è dilatato in un tempo molto lungo, ottenuto con una ripresa ad alta velocità e proiettato aumentando di quindici volte la lunghezza originaria, ma non è un espediente tecnico, c’è nell’uso della tecnologia un’idea precisa, un chiaro assunto concettuale. Infatti, lo stesso Viola dichiara che la pittura pone sul piano temporale del racconto un unico fotogramma, il prima e il poi sono desumibili, mentre il video mostra l’evento attraverso la successione di un prima e un dopo.
Il tempo fluidificato del video permette inoltre un preciso riferimento al dipinto, il rallentamento azzera quasi il gesto trasformando l’evento visuale in una sorta di quadro vivente.
Altri riferimenti all’iconografia della pittura rinascimentale appaiono in un video come Catherine’s room del 2001, dove una donna vive la sua vita quotidiana attraverso cinque momenti della giornata: mattina, pomeriggio, tramonto, sera e notte, visti su cinque schermi piatti a cristalli liquidi,in un ambiente costruito secondo i dettami prospettici albertiani.
 Già la forma del polittico richiama l’idea gotica e rinascimentale della predella, piccoli scomparti che narrano temporalmente l’evento descritto nella pala o nel dipinto principale ,inoltre la simultaneità delle scene richiama alcune rappresentazioni popolari, in cui il tempo pur descritto nel suo trascorrere, è fissato in un unico punto di vista, seppur frammentato.
L’ambiente in cui  si svolgono le azioni della donna è caratterizzato da una esigua presenza di elementi d’arredo, entro una stanza cubica, in cui travi del soffitto suggeriscono una idea di profondità; solo una minuscola finestra, quasi a suggerire un quadro appeso a parete, indovina un altrove al di fuori dello spazio rigorosamente conchiuso.
Al mattino la donna compie le sue abluzioni e fa alcuni esercizi di yoga, al termine dei quali si riveste, prende una mela, un libro e si inginocchia al centro della stanza; al pomeriggio rammenda un drappo azzurro, mentre un raggio di sole entra dalla minuscola finestra illuminando l’ambiente; nella terza scena una calda luce vespertina inonda l’ambiente, la donna tenta inutilmente di scrivere, mentre in un atto di rabbia getta le pagine bianche in terra, poi nervosamente si muove per la stanza sino a raccogliere le carte e ritornare a scrivere. La quarta scena corrisponde alla  sera, solo la luce delle candele illumina la stanza, l’atteggiamento è di profonda riflessione, mentre la successiva immagine ,la notte, mostra la donna nell’atto di prepararsi al sonno, spegne la luce e si sveste, come se si accingesse a compiere un viaggio che la porterà, attraverso il sonno, in un’altra dimensione.
È interessante rilevare la valenza simbolica del giaciglio che non è solo luogo di riposo, ma anche spazio entro il quale si misura lo svolgersi della vita, dalla nascita all’amore, sino alla morte, in questo caso suggerita dall’attenuarsi della luce fino al buio profondo.
L’idea del trapasso da uno stato all’altro è rilevabile anche in un’alta opera Departing angel, in cui la morte per acqua diviene una sorta di rinascita in un cammino a ritroso in cui il corpo emerge lentamente dall’oscurità dell’abisso, per tornare all’origine, la fluida superficie attraverso cui è precipitato. Non è certo casuale la forma ogivale dell’acqua che si indovina per mezzo della luce che la illumina, attraverso cui il corpo fluttuante si dirige, dopo aver assunto una posizione podalica come se la nascita potesse leggersi anche come una morte.
Il rapporto tra spazio dell’opera e spazio reale si indovina in un’opera come Observance, dove una folla di persone disposta su di una ordinata fila, avanza verso lo spettatore, mostrando un’intensa emotività, una sorta di patologica tristezza dal sapore quasi funebre, scambiandosi a tratti sguardi e atteggiamenti solidali.
La processione arriva a ridosso del video, ponendosi decisamente di fronte allo sguardo dello spettatore ed imponendo la propria presenza ma lo guardo della folla osserva un punto fuori campo, poco al di sotto del monitor. È come se gli attori premessero per uscire dallo schermo, nel tentativo di far coincidere la propria realtà virtuale con il reale spettatore che li osserva, ma al tempo stesso siano contenuti all’interno dello spazio dell’opera, che non permette di essere attraversato; tuttavia lo sguardo è già fuori, diretto verso un punto che è al di là dell’opera e che nell’opera stessa noi non possiamo percepire.
La apparente semplicità dei risultati visivi ottenuti con una riduzione dell’immagine, rivela invece una profondità di sensi e significati, se pensiamo ad un lavoro come The Crossing del 1996, composto da due grandi schermi collocati l’uno a dorso dell’altro, dove una figura appare contemporaneamente sui due lati, completamente avvolta da due elementi come l’acqua ed il fuoco, opposti ma complementari.
Su di uno schermo un uomo avanza lentamente verso l’osservatore, rimanendo poi immobile mentre una goccia d’acqua cade dall’alto, aumentando di intensità sino a divenire uno scroscio inarrestabile che avvolge completamente la figura; mentre nell’altro schermo la stessa figura, compiendo gli identici gesti viene via via avvolta dal fuoco, che scaturito da una fiammella iniziale dilaga sino ad avvolgerla completamente.
Conoscendo l’interesse di Viola per i sentimenti e la sua conoscenza dei simboli orientali, risulta interessante il fatto che il fuoco nell’Yi Ching corrisponda alle passioni umane, indicando  l’amore e la collera, inoltre costituisce un elemento rigeneratore e purificatore, luogo di passaggio per una evoluzione di stato, dalla carne alla spiritualità, basti pensare alle Upanishad che affermano che bruciare esteriormente non è bruciare (difatti la figura avvolta dalle fiamme apparentemente non brucia), senza dimenticare il fuoco interiore del tantrismo tibetano.
Anche l’acqua partecipa di questo movimento di morte-rinascita, perché da un lato dà la vita e la rende fertile e dall’altro allude all’affondamento, alla perdita; inoltre essa rappresenta l’origine, basti pensare a tutti quei miti in cui questa viene descritta come luogo in cui ristagnano le  acque primordiali.
È interessante rilevare come l’elemento acquatico, in alcune culture orientali, sia legato sia al freddo e all’abisso, ma anche al fulmine e al fuoco, così non è certamente casuale la vicinanza di questi due elementi nell’opera di Viola.