MAURO STACCIOLI La tensione costruita. Opere nel corso del tempo (1971-2009)

La ricerca di Mauro Staccioli non va inquadrata semplicemente in un ambito definito quale quello della scultura come viene comunemente intesa.
E’ vero che la sua opera agisce in senso plastico e spaziale così come è vero che i materiali sono quelli che attengono alla scultura tradizionale,ma sarebbe assai riduttivo leggere il suo lavoro solo in questo senso.


 
di Maurizio Cesarini
 
La ricerca di Mauro Staccioli non va inquadrata semplicemente in un ambito definito quale quello della scultura come viene comunemente intesa.
E’ vero che la sua opera agisce in senso plastico e spaziale così come è vero che i materiali sono quelli che attengono alla scultura tradizionale,ma sarebbe assai riduttivo leggere il suo lavoro solo in questo senso.
Intanto l’artista pone un problema statutario della prassi,le sue opere scultoree lungi dall’essere puramente referenziali si pongono invece come strumento critico tra il fruitore e l’ambiente.
La dimensione gioca un ruolo essenziale in quanto si pone come oggetto naturale nel senso che è natura tra la natura, anche quando questa si mostra ridefinita da un assetto urbanistico.
Intanto un aspetto determinativo della sua scultura è il riassetto dello spazio,poiché se una forma si dispiega e mostra la materia del suo esserci tutto lo spazio circostante viene in qualche modo ridisegnato e risemantizzato.
Come afferma Heidegger nello scritto L’arte e lo spazio :”Nella parola spazio parla il fare-e lasciare spazio. Il che significa disboscare,dissodare. Il fare spazio porta il libero, l’aperto per un insediarsi e un abitare dell’uomo”.
Questo testo risulta assai illuminante poiché sottende un pensare l’essere, ma al tempo se lo sovrapponiamo all’opera di Staccioli configura un dare un senso allo spazio dell’uomo mediante la forma stabilita dall’artista.
La scultura fa spazio perché nel suo esserci ridefinisce il luogo e al tempo lascia spazio perché i suoi vuoti assimilano ed evidenziano i luoghi nei quali questa viene installata.
Le sculture di Staccioli pur nella patente monumentalità non sono occlusive anzi dialogano con il luogo al punto di ridefinirne in senso semantico l’assetto visivo e spaziale.
L’assetto morfologico della sua scultura non attiene a formalizzazioni desuete,seppur adotta forma elementari, non suppone il rigore tautologico della minimal art, anzi la sottesa metaforizzazione è congruente con una formalizzazione così da strutturare un inscindibile insieme.
In fondo sono tracce, seppur sovradimensionate, di un passaggio, di un senso che l’intervento dell’artista individua in un luogo, in uno spazio,possibilità metamorfiche di un ambiente o un sito che trasformano il senso in un sentire ed il sentire in un nuovo percepire.
Pensiamo ad esempio alla scultura installata a Seul nel 1988; la forma quasi una sorta di segno grafico possiede una ambiguità sostanziale.
Le dimensioni la situano in un ambito monumentale, ma l’apparente stato di equilibrio quasi precario la risolve in una idea fatta materia, più che una materia statica, inoltre l’assetto morfologico individua una sorta di grafema che l’accomuna ad un segno quasi tipografico.
L’ambiente circostante caratterizzato da una spianata con pochi edifici la pone in essere quasi con la forza di una equivalenza segnica tracciata nello spazio.
La stessa forma la ritroviamo alla Rotonda della Besana   un anno prima dimostrando come una stessa scultura ridefinisca e risemantizzi lo spazio, nell’attraversare le volte come una sorta di lama che penetri tra le nervature dell’apparato architettonico.
Significativo in questo senso è l’ovale posto nell’ambito di un paesaggio collinare; qui l’artista utilizza una forma che non solo dialoga con il paesaggio, ma ne ridefinisce anche l’assetto percettivo.
C’è visivamente una sorta di retrogusto visivo di stampo rinascimentale, è un vedere attraverso un oculo uno spazio che seziona lo spazio ridefinendo l’attitudine percettiva.
La scultura è materia formalizzata ed attiene ad un suo statutario essere tale, ma in questo caso diviene anche cornice di un vedere che in minima parte è occluso dal suo ingombro materiale, inoltre si dà come interazione del luogo, difatti non lo nega , né abusa di questo, ma ne esalta la morfologia, la dimensione, la possibilità percettiva.
Sembra in filigrana di scorgere anche una sorta di ironia, l’intervento materiale dell’artista è presente, è pieno, ma non occlude l’ambiente, non nega il paesaggio, appare anzi assai leggero nonostante l’ingombro e inoltre la leggera inclinazione quasi prelude ad un suo smottamento, che non avverrà poiché qui è l’idea che ha preso forma e l’idea non occlude, né nega , ma esalta e mostra persino ciò che prima della sua presenza non era immediatamente percepibile.
Il riduzionismo formale di Staccioli   non è quindi rarefazione del volume, né negazione della forma, ma materia che si formalizza per sostenere l’idea che la sostiene.
Possiamo quindi individuare nella ricerca di Staccioli una idea della scultura che può definirsi attraverso una frase di Heidegger: “La scultura:un porre in opera incorporante di luoghi e con questi un aprire di contrade per un possibile abitare di uomini, per un possibile dimorare delle cose che li attorniano e li riguardano”.
 
Galleria Progetto Arte Elm. dal 20 gennaio al 26 febbraio 2011