IL LIBRO D'ARTISTA COME LUOGO DI CONTAMINAZIONE E ARTIFICIO TRASVERSALE

Osservava Mc Luhan che gran parte della gente accetta la propria cultura come destino (così come accade con il clima o con la lingua). Ma il pericolo di rimanere invischiati in cicli culturali ermetici, come in una sorta di trance, può essere superato acquisendo una "consapevolezza empatica delle forme precise delle diverse culture". Il mezzo per raggiungere questa autoconsapevolezza era già individuato da Joyce in quello che egli chiamava "collideorscopio", termine che lo stesso Mc Luhan definisce come "l'intreccio e lo scambio in un miscuglio colloidale di tutte le componenti della tecnologia umana, via via che esse estendono i nostri sensi e mutano i loro rapporti nel caleidoscopio sociale dello scontro culturale".
Il rischio di restare intrappolati entro modelli rigidi diventa altissimo quando la dimensione "libresca" non si coniuga a quell'"ingegnosità" pre-letteraria su cui si fonda la concezione originaria e naturale del sapere. Capita allora che vengano esaltati clichés paralogici che distendono lunghe ombre sulla percettibilità sinestetica del mondo.
In questo senso, la capacità di percezione sinestetica è andata scemando con la diffusione dei prodotti tipografici. L'invenzione della stampa a caratteri mobili, infatti, offriva un oggetto libro che, emblematicamente, avrebbe svolto con crescente gradualità un ruolo determinante nel processo di separazione delle dimensioni percettive; mentre durante i secoli della cultura manoscritta, l'elemento tattile sollecitava quello visivo ed entrambi si connettevano all'udito, stuzzicato dalla sonorità della dettatura o dalla lenta sillabante ripetizione del testo durante l'autodettatura, dalla lettura collettiva o da quella, solitaria, bisbigliata nelle celle e compressa nei cubicula di lavoro.
Trattando William Ivins, Mc Luhan notava che "Chi si occupa di letteratura e di filosofia è incline a preoccuparsi del 'contenuto' di un libro e ad ignorarne la forma. Si tratta di una manchevolezza caratteristica della scrittura fonetica, in cui il codice visivo ha sempre come 'contenuto' la parola ricreata dalla persona che legge. Nessun lettore o scriba cinese commetterebbe mai l'errore di ignorare la forma stessa della scrittura, poiché i suoi caratteri scritti non separano il codice visivo dalla parola come avviene invece per noi. Ma in un mondo basato sulla scrittura fonetica questa esigenza di separare la forma dal contenuto diventa universale, e influenza le persone prive di cultura letteraria al pari degli studiosi". Si era nel 1962 (M. Mc Luhan, La Galassia Gutenberg. La nascita dell'uomo tipografico, Armando Editore, 1976).
Oggi gli atteggiamenti sono molto cambiati. Il Novecento ha disperso le sue ultime battute nella fittissima rete dei nuovi media e si è consegnato alla storia, sul piano della comunicazione, non solo come il secolo del tramonto della galassia Gutenberg, ma anche come quello del rilancio della percezione intersensoriale. È fuor di dubbio, infatti, che si stia vivendo un momento storico particolarmente significativo dal punto di vista sociale e antropologico, visto che il mondo delle relazioni massmediatiche da una parte ci costringe a modificare tempi e modi della nostra vita con ritmi serratissimi, dall'altra ci conduce sulla strada della "mutazione" per quanto attiene la percettività, ormai sempre più fortemente sinestetica. Il corpo post-organico esalta la percezione e si alimenta di processi di contaminazione.
Sul piano artistico, il rapporto con i media, già radicalizzato negli anni Sessanta, si pone oggi come premessa fondamentale per ogni tipo di linguaggio. L'attuale universo della comunicazione e dell'espressione è plurilinguistico, multidimensionale, interdisciplinare, polisegnico. La libertà compositiva si sfrena sul cavallo tecnologico, mentre l'intermedialità appare come il denominatore comune dei processi artistici. I confini tra le arti, in realtà, sono sempre più labili: spesso non si riesce a distinguere tra teatro, musica, letteratura, arti visive.
In questo quadro si pone l'avventura del libro d'artista: oggetto che materializza la trasversalità dei linguaggi e delle tecniche, che segna il recupero degli aspetti plurisensoriali della comunicazione estetica e che, inoltre, pur rispecchiando un nuovo status antropologico e un nuovo 'sentire' tecnologico, riafferma una dimensione artigianale che andava scomparendo e una manualità che sembra testimoniare la volontà di ricercare ritmi più pacati da contrapporre alla velocità dell'universo digitale. Il lettore, all'interno del campo comunicativo, si trova ad assumere un nuovo ruolo nel processo delle relazioni, talvolta svolgendo una parte particolarmente attiva.
Il libro d'artista, infatti, può porsi come occasione verbovisiva e come narrazione in termini plastici, come teatro di ombre e come spettacolo materico, come scatola magica e come camera delle meraviglie, come palestra di avventure totali e come terreno di giochi, come misuratore di tempi mentali e come diario dei sensi, come prodotto d'uso e come feticcio, come reperto da custodire e come dono da amare, come traccia, come testimone muto del gesto, come segno da disperdere, come puzzle da montare, come labirinto da percorrere, come perimetro da definire, come oggetto rituale o come scandaglio tecnologico, come tessuto contaminante, ma anche come deiezione e catalogo trash, come indicazione esemplare o come attrezzo volgare, come poema, come voce, come partitura da eseguire, come contenitore di suoni cristallizzati o come strumento realmente sonoro, come luogo da abitare o come nido da covare, ma anche come macchina della sorpresa trasversale, come scheda digitale, come congegno intermediale, come messaggio cybernautico, come circuito elettrico ed elettronico o, all’opposto, come sacra teca, come arca segreta, come scrigno di preziosi, perfino come pietra tombale e come confessionale, e poi come occasione di trasgressione, come oggetto erotico, come travestimento carnascialesco o come maschera tragica, come testamento grottesco e come eredità dissipata, come mappa da decrittare e come passaporto di viaggio, come occasione perduta o come memoria ritrovata e così via con tipologie, generi e varietà: chi più ne ha più ne metta.
Il libro d'artista, perciò, è oggetto da percorrere non solo guardando e leggendo, ma toccandone le pagine, apprezzandone le rugosità, sfogliandolo sonoramente, sentendo il profumo della carta, respirandone le atmosfere, manipolandone il corpo e vivendone tutta la pregnanza; addirittura gustandone il sapore. (Carlo Belloli offrì al pubblico pagine d'artista in forma -e sostanza- di poemi commestibili). E spesso si pone come pre-testo o come centro di gravitazione, anche di azioni con conseguenze spettacolari. Ma, oggi, sulle nuove frontiere elettroniche si profilano insospettate realtà virtuali e artificiali che certamente non lasceranno indenne dalla loro influenza il libro d’artista, tanto da poter addirittura scommettere, senza tema di smentita, su future schiere di libri-robot e di libri-macchina audio-video-proiettanti!
Al libro d'artista è tutto concesso, oltre ogni limite: basti pensare che è l'unico, tra i libri, che può permettersi di essere illeggibile; basti citare due esempi ormai classici come il volume Piero Manzoni the life and the works del 1962 (un libro di pagine bianche come medium autosignificante) o i "libri illeggibili" di Bruno Munari dove il testo lascia lo spazio alla comunicazione visiva e tattile che avviene attraverso la natura della carta, lo spessore, la trasparenza, il formato delle pagine, il colore, la texture, la morbidezza o la durezza, il lucido e l'opaco, le fustellature e le piegature. "Un buco che attraversa dodici pagine fa vedere alla prima pagina cosa c'è nella tredicesima. Una pagina più stretta delle altre si fa notare per la sua dimensione, le pagine con pieghe invitano a movimenti e situazioni insoliti. Questo è il linguaggio specifico dell'oggetto libro. Se poi a organizzare tutti questi messaggi sarà un artista, allora si potrà dire che è un libro d'artista. Così il libro comunica se stesso e non un testo che gli è stato stampato sopra". Insomma, quando il libro è opera d'arte in quanto libro, tutto può essere rivissuto poeticamente, perché tutto, anche oltre la poesia, si trasforma in poesia. 

Pubblicato in “Territori”, n° 14, dicembre 2005