Le sculture di Mario Ceroli al MAMbo

A cura di: Maria Vinella

Le sculture di Mario Ceroli al MAMbo

Al MAMbo di Bologna, l’antologica “faccia a faccia” di Mario Ceroli, a cura di Gianfranco Maraniello, rende omaggio allo scultore protagonista sulla scena italiana dai primi anni Sessanta.Ben quarantasette sono le opere in mostra del maestro di origine abruzzese (romano di adozione) che nella sua già lunga carriera ha mostrato generosa inventiva e sperimentazione costante, in un universo complesso sospeso tra tradizione scultorea e sfida concettuale.


Al MAMbo di Bologna, l’antologica “faccia a faccia” di Mario Ceroli, a cura di Gianfranco Maraniello, rende omaggio allo scultore protagonista sulla scena italiana dai primi anni Sessanta.
Ben quarantasette sono le opere in mostra del maestro di origine abruzzese (romano di adozione) che nella sua già lunga carriera ha mostrato generosa inventiva e sperimentazione costante, in un universo complesso sospeso tra tradizione scultorea e sfida concettuale.
Nel suggestivo allestimento del museo bolognese sono visibili numerose tra le più note installazioni di grandi dimensioni, oltre a nuovi lavori presentati in questa occasione espositiva. L'artista ha pensato la mostra come un unico progetto, scultoreo e architettonico al contempo, denso di un attento gioco di rimandi e connessioni, tra materie nobili e materiali banali, forme storiche e forme naturalistiche, opere precedenti e opere più recenti.
Dopo un avvio di carriera come assistente negli studi degli scultori Leoncillo Leonardi, Fazzini e Colla, Ceroli inizia la sua attività artistica concentrandosi sulla ceramica sotto l'influenza del clima informale. Alla fine degli anni Cinquanta, riconosce la propria materia espressiva nel legno, prefigurando l'intuizione di una linea di ricerca originale che troverà il suo sviluppo in un complesso linguaggio formale di grande originalità. In questa fase sperimentale, lo scultore intraprende una attenta ricerca sui profili, in cui la sagomatura della figura viene assunta come principio archetipico in un processo di progressiva decostruzione, sintesi e riduzione del reale teso a cogliere l’essenza metafisica dell'immagine.
A metà degli anni Sessanta, Ceroli sperimenta un repertorio figurativo influenzato dalla Pop Art americana, che lo apparenta alla fertile scena avanguardistica romana per l'assunzione di immagini colte dalla realtà contemporanea. Altro filone di ricerca: l’Arte Povera. Il gesto artistico eseguito su un materiale primario quale il legno grezzo, investito di una potente capacità di rappresentazione, lo avvicina alle coeve ricerche di quel gruppo (Ceroli fu presente con le sue opere alle prime mostre dedicate al movimento teorizzato da Germano Celant che definisce l'artista romano “il costruttore 'povero' per eccellenza”).
Altre opere precorrono espressioni quali la Minimal Art e l'Arte Ambientale, segnando l'evoluzione dalle prime semplici sagome appiattite verso insiemi articolati nello spazio, vere e proprie installazioni che aprono alla scultura come mezzo di espansione spaziale.
Lentamente emerge la vocazione monumentale con cui Ceroli costruisce lo spazio scultoreo, in un progressivo sconfinamento in una spazialità scenica, dove le opere, vere e proprie architetture spettacolari in quanto a volumetria e composizione, invadono letteralmente l'ambiente.
Nel corso degli anni Settanta, il maestro consolida un linguaggio plastico sempre più maturo e complesso, affiancato da un nitido rigore formale nell'uso della materia grezza.
Tra gli anni Ottanta e Novanta la ricerca si indirizza principalmente sul piano della materia, con libertà di scelte cromatiche e sperimentazione di materiali di origine naturale e industriale che arricchiscono l’alfabeto espressivo: vetro, stoffa, sabbia, terre colorate, cenere, entrano nei manufatti scultorei con straordinaria originalità immaginativa, restituendo alla scultura le vesti molteplici della contemporaneità (per le immagini allegate, photo credit di Aurelio Amendol

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