Bilancio positivo per la Biennale di Venezia 2009

Si conclude, ormai, la 53. Biennale veneziana di Daniel Birnbaum Fare mondi/Making worlds, ipotizzando differenti Weltanschauung. Sicuramente, la pluralità calza perfettamente sia alle necessità dell’odierna società nomade e liquida (Z. Bauman) sia ai bisogni multiculturali della complessità identitaria contemporanea (A. Sen). E così, l’antologia transnazionale degli autori scelti da Birnbaum ci restituisce visioni molteplici che intrecciano coerentemente le presenze del Palazzo delle Esposizioni con quelle dei padiglioni nazionali ai Giardini e all’Arsenale, per espandersi ai padiglioni dislocati nella città.

Anche le new entries degli spazi per l’education e l’entertainment affidati alle installazioni di Massimo Bartolini, Tobias Rehberger e Rirkrit Tiravanija confermano lo sguardo costruttivo del “fare” adottato dal curatore: uno sguardo disincantato su quelle che sono le problematiche del nostro tempo globalizzato, problematiche colte e affrontate dall’arte relazionale (cosa che non si riscontra tra le presenze dislocate nel nuovo Padiglione Italiano alle Tese delle Vergini all’Arsenale, nella mostra Collaudi di Buscaroli e Beatrice).
Il fil rouge che accompagna la scelta dei quasi cento artisti selezionati per Palazzo delle Esposizioni è evidente già nella assegnazione dei due Leoni d’Oro alla carriera a Yoko Ono e John Baldassari e corrisponde alla capacità di definire nuove visioni a partire dai linguaggi più sperimentali dell’arte, andando oltre l’autoriflessività per coinvolgere istanze progettuali spettacolari ma non per questo meno “politiche”. Possiamo leggere così gli interventi espositivi di Lygia Pape o di Pistoletto, di Pae White o di Chen Zen, di Tomas Saraceno, di Parreno, di Pessoli, della Langa, della Favaretto, della Djurberg. Senza dimenticare il suggestivo video Orbite rosse di Grazia Toderi.
Tra gli artisti dei Padiglioni Nazionali: Steve McQueen/Gran Bretagna, Bruce Nauman/Usa, Liam Gillick/Germania. Interessante Fiona Tan al Padiglione dell’Olanda, e Elke Krystufek scelta da VAILE EXPORT per l’Austria; da sentire/annusare l’installazione di Haegue Yang presso la Corea.
Gli eventi paralleli - che fanno della città lagunare un museo d’arte contemporanea diffuso - aggiungono mondi in più a quelli della Biennale. Se l’omaggio del Padiglione veneto a Emilio Vedova della 52. Edizione del 2007 è diventato quest’anno lo stupendo luogo della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova ai Magazzini del Sale alle Zattere progettato da Renzo Piano, la Fondazione Pinault apre gli altrettanto stupendi spazi di Punta della Dogana alla Salute ri-progettati dal giapponese Tadao Ando con la mostra Mapping the Studio.
All’Arsenale Novissimo Unconditional Love alla Tesa 89 ha proposto opere di Beecroft, Abramovic, Manetas, Musco, AES+F ecc. Mentre Interior Landscape alla Fondazione Querini Stampalia ha presentato il lavoro della bravissima libano-palestinese Mona Hatoum, a cura di Chiara Bertola. L’antologica dell’americano John Wesley (curata da Celant per la Fondazione Prada) è stata ospitata alla Fondazione Giorgio Cini. Sguardo di genere coniugato al femminile alla Fondazione Bevilacqua La Masa per i rigorosi interventi di Rebecca Horn accolti dalla personale Fata Morgana in P.zza San Marco e per la sofisticata Anton’s Memory di Yoko Ono al Palazzetto Tito. Ancora: Omaggio a Simon Weil ai Magazzini del Sale per il progetto Venezia Salva ha raccolto le opere di alcune tra le migliori artiste italiane (per le Associazioni Culturali Cicero e Eidos).