ARTE E NATURA: LA QUESTIONE ECOLOGICA

La ‘questione ecologica’ è al centro del dibattito artistico sin dagli anni sessanta/settanta e molti sono gli artisti che in questi ultimi decenni hanno avviato un intenso dibattito intorno alle problematiche ambientali; dibattito attivissimo anche oggi, visto che i condizionamenti della globalizzazione ci costringono ad affrontare la complessità di un pericolo che ormai sfugge al controllo umano: la sopravvivenza del pianeta.


ARTE E NATURA: LA QUESTIONE ECOLOGICA
 
di Maria Vinella
 
La ‘questione ecologica’ è al centro del dibattito artistico sin dagli anni sessanta/settanta e molti sono gli artisti che in questi ultimi decenni hanno avviato un intenso dibattito intorno alle problematiche ambientali; dibattito attivissimo anche oggi, visto che i condizionamenti della globalizzazione ci costringono ad affrontare la complessità di un pericolo che ormai sfugge al controllo umano: la sopravvivenza del pianeta.
Sia in rapporto allo sguardo estetico più storicizzato sia in relazione alla sensibilità odierna, il progetto “Nascor fra arte e natura” ospitata nello storico Palazzo Barnaba di Martina Franca, sede della Fondazione Noesi – Studio Carrieri ci consente di osservare a distanza ravvicinata alcune delle principali testimonianze dei fermenti artistici che hanno condotto riflessioni sull’universo naturale.
Tra i fenomeni più significativi di tale panorama basato sugli intrecci arte/natura, ritroviamo la vicenda antropo-ecologica di Joseph Beuys che nelle innumerevoli ‘operazioni sociali’ sull’ambiente ha ipotizzato importanti paradigmi di collaborazione tra uomo e natura (pensiamo alle teorie beuysiane della “Difesa della Natura”, all’azione delle 7000 querce di Kassel, ai 7000 alberi di Bolognano). “Il nostro rapporto con la natura è ormai un rapporto distruttivo da parte a parte. – ha scritto Beuys – Esso minaccia la distruzione totale della base naturale su cui noi viviamo. Stiamo percorrendo la via più adatta per annientare questa base mentre pratichiamo un sistema scientifico che si fonda sullo sfrenato depauperamento di questa base naturale.” Dell’artista-sciamano tedesco, proclamatore di soluzioni politico-sociali come quelle dell’Azione di Ricostruzione Terza Via, esistono testimonianze molteplici estremamente attuali.
Espresse con modalità etno-antropologiche sono le opere generate dagli incroci natura-tecnica-tecnologia realizzate dal pionieristico Antonio Paradiso (ricordiamo la nota sequenza di foto del mitico toro Pinco che monta la vacca meccanica alla Biennale veneziana del ’78), mentre i richiami agli elementi della natura mitici e primordiali, archetipici e sacrali sono rivisitati dai lavori di Fabrizio Plessi o di Urs Lüthi (del primo segnaliamo il progetto scritto-grafico per l’imponente proiezione luminosa sul lago Bertasee a Duisburg), e da quelli di Mirella Bentivoglio (ricordo il bellissimo progetto irrealizzato di Uovo-Trullo, richiamo simbolico ad una maternità dell’attività creatrice che si sovrappone alla matrice femminile della casa-guscio) o di Gerardo Di Fiore. O – ancora – dalle operazione degli anni settanta del compianto Mimmo Conenna, autore della stupefacente installazione della Stella Cometa (architettura a forma stellare con casse-colonna in legno contenenti massi in pietra) nonché della serie di fotografie scattate lungo la strada da Bari a Martina, descritta con precisione dallo stesso artista: “Itinerario neo-litico e installazione finale: Ho voluto riproporre oltre che mettere in evidenza il percorso che mi ha condotto sino a Martina come un cammino predesignato da seguirsi in un viaggio ...” . Altra attestazione del lavoro di Conenna sono le testimonianze, foto e disegni, dell’azione-intervento “La moltiplicazione dei pani”, dove le spighe sparse sul pavimento sopra fogli di carta copiativa moltiplicano – con l’andirivieni dei passi degli spettatori – la propria sagoma formale, mistico auspicio propiziatorio di vita che si rinnova (mi chiedo: forse, nelle intenzioni di Mimmo, il passaggio dei piedi sulle spighe doveva tracciare una danza mitico-religiosa tipica della magia rituale mediterranea così ben raccontata da Ernesto De Martino?).
Aldilà delle intenzioni riconducibili alla Land Art o all’Arte Povera, nei decenni successivi cambia il ‘sentimento’ della natura ma resta immutata l’attenzione degli artisti per argomenti così ‘vitali’ per la specie umana. Difatti, nell’arco di questi ultimi anni, l’interesse verso le tematiche ambientali riemerge con forza pregnante.
E’ il caso delle “Galassie che si formano lungo i filamenti, come gocce lungo i fili di una ragnatela ...” fotografate da Tomas Saraceno; delle ipotesi pittoriche che rivisitano la natura vegetale di Alberto Vannetti; delle foto di Makis Vovlas che con sguardo scientificamente innamorato studia le piante ottenendone immagini formalmente concettuali. Accanto alle proposte di arte relazionale, performance e video di artisti come Salvatore Manzi, Lello Ruggiero e Ur5o, nelle articolate sale di Palazzo Barnaba possiamo ammirare – con doppio sguardo di Giano – il duplice omaggio scultoreo al respiro del corpo della natura (animale e vegetale insieme) dell’opera “A guardia della natura” di Luigi Mainolfi, che rievoca con la musica dell’acqua e il fuoco della terra la solitudine dell’uomo, guardiano di un pianeta che a malapena riesce  a proteggere e salvaguardare. Infine, costituisce un tributo squisitamente pittorico quello delle sperimentazioni linguistiche di Piero Di Terlizzi. Privilegiando l’analisi percettiva di forme/figurazioni quasi organiche, l’artista sospende nel vuoto magico di sensibilissimi campi cromatici alcune visioni che – lentissimamente – nascono nell’ombra e crescono nella luce per misurare il silenzioso scorrere del tempo e la rarefatta leggerezza dello spazio. Visioni che confermano le teorie di Goodman sulle emozioni che funzionano cognitivamente.