Gli Anni ’60 Di Roma E Milano

Gli Anni ’60 Di Roma E Milano
Dal 10 maggio a Roma nelle grandi sale di Palazzo Cipolla, sede del Museo Fondazione Roma, si è aperta al pubblico la mostra intitolata “Gli irripetibili anni ’60. Un dialogo tra Roma e Milano”. Oltre 170 opere, simboli della nuova cultura nascente nelle due città più impegnate sul fronte della ricerca artistica, provenienti da celebri istituzioni d’Italia come la Fondazione Marconi e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, nonché dal museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.


Di Daria Ulissi
Dal 10 maggio a Roma nelle grandi sale di Palazzo Cipolla, sede del Museo Fondazione Roma, si è aperta al pubblico la mostra intitolata “Gli irripetibili anni ’60. Un dialogo tra Roma e Milano”. Oltre 170 opere, simboli della nuova cultura nascente nelle due città più impegnate sul fronte della ricerca artistica, provenienti da celebri istituzioni d’Italia come la Fondazione Marconi e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, nonché dal museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Tutta incentrata sugli anni del boom economico, la mostra punta a rendere partecipi di quello che stava succedendo nel panorama artistico italiano nei due grandi centri propulsori della penisola: Roma e Milano. La capitale, sempre in prima fila in termini di innovazione di linguaggio artistico, diviene negli anni ’60 epicentro per quelli che saranno in seguito i capisaldi della produzione artistica nazionale; il capoluogo lombardo, da parte sua, diventa la culla dell’Avanguardia nazionale che vedrà nascere, tra gli altri, lo studio Marconi (inaugurato nel 1965 da Giorgio Marconi).
Per il gran numero di opere e per i molteplici linguaggi indagati (anche se in poco meno di un decennio) il curatore Luca Massimo Barbero ha optato per un’articolazione espositiva organizzata in quattro sezioni: la portata rivoluzionaria e la diffusione del monocromatismo, il fenomeno Pop italico, le nuove sperimentazioni scultoree e l’iterazione tra materiali, segni e figure.
A segnare l’inizio di questo percorso tutto nostro sono state scelte le tele di Lucio Fontana, che attraverso i suoi tagli e fori ha dato il via alla riduzione in chiave cromatica dell’espressività figurativa. Un’evoluzione estrema - quella del total white fontaniano - che Malevič aveva già sperimentato nei primi decenni del secolo col suo suprematismo, ma molto più rivoluzionaria, perché italiana. Dai tagli inferti sul bianco sfondo dei Concetti Spaziali, la tela si ricuce per Yves Klein, si espande per Franz Kline, diviene filo di ferro per Calder nel Ritratto di Giovanni Carandente e specchio per Duchamp.
Continua il percorso tra le icone Pop del nostro paese. Numerosissime etichette di  aranciata San Pellegrino - la nostrana versione delle zuppe Campbell - nell’ opera di Mimmo Rotella Omaggio ad Arman; colori fluo per le Tuttestelle di Schifano, espressione artistica della Roma modaiola, fatta di luci al neon e insegne accecanti; esperimenti optical; fantastico il recupero di oggetti e icone caratteristico del Nouveau Réalisme.
Sculture nuove, scintillanti, animate, appese al soffitto, mutanti, sono l’espressione di una ricerca quasi scientifica, come Struttura pulsante di Colombo, o addirittura anatomica, come la Colonna Vertebrale di Scanavino.
Molto più concettuali le opere che si trovano nell’ultima sala. A richiamare l’attenzione c’è La camera afona (esterno) di Emilio Tadini, dove gli strascichi della cultura pop si fondono con un sentimento tutto personale, fatto di precarietà sociale, di smaterializzazione dell’identità, di inadeguatezza e a testimoniarlo, non a caso, appaiono echi dechirichiani, come i guanti di gomma appesi. Il linguaggio è mutato ed entrano in gioco altri elementi, quasi tattili, come nei ritratti di Enrico Baj, dove la figurazione è subordinata alla scelta dei materiali.
In ultimo una sezione audiovisiva: su tre grandi schermi vengono proiettate interviste e retroscena: simbiotico è il contatto tra le arti visive e letteratura, fotografia, moda, design...non a caso si può ammirare il tutto stando seduti sui celeberrimi divani Marshmallow di George Nelson.
Una mostra da contemplare, nella quale nonostante le molteplici esperienze si è guidati con ratiocinio in un percorso ben strutturato, molto vasto, collegato intimamente da un filo di Arianna invisibile ma presente. Un percorso che raccoglie le migliori opere dell’Italia avanguardista elevandole a manifesto di identità nazionale in «quello che fu un momento di svolta nella cultura artistica del nostro Paese».
INFORMAZIONI
MUSEO FONDAZIONE ROMA
Ingresso: Via del Corso, 320 - Roma
Orari: dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
Per maggiori informazioni: www.fondazioneromamuseo.it