Alessandro Bulgini, “Taranto Opera Viva”

Alessandro Bulgini, “Taranto Opera Viva”
 di Maria Vinella
Presso Palazzo Pantaleo nel centro storico tarantino, la Galleria Cosessantuno organizza la mostra “Taranto Opera Viva” di Alessandro Bulgini, risultato di un lungo progetto condotto attraverso una serie di interventi, azioni e attività artistiche multidisciplinari che hanno coinvolto l’intera comunità cittadina, e in particolare quella della città vecchia: luoghi, identità personali e collettive, aree pubbliche e private, realtà culturali ed economiche urbane hanno collaborato e collaborano a un grande, inclusivo workshop quotidiano.
L’evento, a cura di Christian Caliandro e Alessandro Facente, è, nelle intenzioni dell’artista, quello di relazionarsi culturalmente con i residenti, lasciando tracce oggettuali, performative, pittoriche, installative nei territori cittadini. La mostra negli spazi di Palazzo Pantaleo è una sorta di compendio delle molteplici attività svolte con l’obiettivo dichiarato di valorizzare l’identità locale e la collaborazione collettiva, trasformando Taranto in un luogo di sperimentazione artistica, di accoglienza e di socialità.
Bulgini da anni concentra la propria ricerca espressiva sul tema dell’invisibile e della lateralità. Quadri, performances, fotografie e installazioni, atti di opposizione a una verità ritenuta assoluta, esprimono tentativi di indicare qualcosa al di là del visibile. In particolare, da alcuni anni l'artista pugliese porta avanti il progetto “Opera Viva”, inedito esperimento ai confini tra arte pubblica e arte relazionale. Fondamenta ne sono il dove e il come, il luogo e i suoi abitanti. Vivere, difendere, relazionarsi con il territorio e i suoi abitanti, significa comprendere e interpretare il paesaggio contemporaneo, fuori dai suoi luoghi comuni, restituendogli dignità e identità mediante l’indagine e il progetto.
A Taranto, guidato da Lino De Guido, operatore territoriale, l’artista con le sue azioni per i vicoli e le postierle, nelle case delle famiglie e dei pescatori, nelle botteghe artigiane e commerciali, negli spazi culturali e associativi che abitano e vivono la Città Vecchia di Taranto, agisce con la convinzione – come scrivono i curatori – che le città sono prima di tutto vive, esistenze fatte di relazioni umane; se l’attenzione si focalizza sull’ecosistema (costituito da paesaggio architettonico, paesaggio naturale e paesaggio umano), sulla temperatura e sulla qualità di questo ecosistema, ecco che le sue funzioni o disfunzioni ci saltano all’occhio…
“Chiudere l’arte e la cultura in luoghi deputati, istituzionali, segregarla all’interno di recinti non è mai stata un’opzione salutare, democratica, intelligente: meno che mai in questo momento storico. Proprio l’assenza (la vacanza) momentanea di questi luoghi istituzionali è un’occasione preziosa da cogliere e agganciare: essa è in grado infatti di favorire l’adozione di pratiche (e politiche) radicalmente innovative”.
Ad esempio, nella performance “Primo tentativo di spostare l’isola”, a bordo di una delle barche del Palio di Taranto, legata da una cima lunga decine di metri alla ringhiera di Corso Vittorio Emanuele II, Bulgini rema per un’ora verso il mare aperto, tentando e sforzandosi metaforicamente di spostare l’isola in avanti. È un’allegoria della spinta propulsiva che serve alla città, a partire dall’isola di Taranto Vecchia, per guardare e costruire il proprio futuro; una spinta che già esiste, e che deve essere solo lasciata emergere.
Dunque, artista relazionale, Bulgini abbandona la produzione di oggetti estetici per creare dispositivi in grado di attivare la creatività degli altri trasformando l'oggetto d'arte in un luogo di dialogo e di relazione, in cui perde importanza l'opera finale e assume centralità il processo, la scoperta dell'altro, l'incontro. I suoi progetti pur lasciando tracce effimere, hanno portato alla concreta costruzione dell’unica proposta culturale relazionale lì dove la proposta è nulla. Sulla stessa linea inclusiva, anche Taranto è pertanto un progetto dichiarato come ‘Opera Viva’, perché accoglie la vitalità di tutti, un progetto in cui l’artista stesso diventa parte integrante dell’opera, che è a sua volta parte di quel tutto.
(Taranto, Palazzo Pantaleo, aprile maggio giugno 2015)

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