AUTORITRATTO: Caterina Arcuri si racconta - Redazione

AUTORITRATTO: Caterina Arcuri si racconta - Redazione
                                                                           
Mettermi nei panni dello spettatore è un esercizio che compio di continuo; soprattutto quando nel mio lavoro utilizzo l’acciaio inox, io e l’altro ci scambiamo continuamente di posto; grazie all’effetto specchiante del materiale, faccio parte dell’opera prima che questa nasca... 
 
------------------------------------------------------------------------------------

 
 
                                                                                                                                                                                      Forme… di Vita 
      “Per parlare di se stessi, bisognerebbe dividersi in due
                                         …essere noi stessi e chi ci guarda.”
Alejandro Jodorowsky
 
Mettermi nei panni dello spettatore è un esercizio che compio di continuo; soprattutto quando nel mio lavoro utilizzo l’acciaio inox, io e l’altro ci scambiamo continuamente di posto; grazie all’effetto specchiante del materiale, faccio parte dell’opera prima che questa nasca e, molto presto, entrano a farne parte tutti i suoi fruitori, tanto da poter dire che, per attimi o per ore, ognuno di noi è “nell’opera”.
So di non riuscire ad osservarmi a tutto tondo e, comunque, preferisco che a parlare sia il mio lavoro ma vi racconterò cosa significa per me l’arte…
L’arte è Viaggio alla scoperta di mondi inesplorati, Tentativo di oltrepassare il confine tra spirito e materia, Specchio nel quale il mondo si guarda per vedere la sua anima.
Da sempre subisco il fascino del Mito e del Sacro che permeano la nostra cultura visiva e nel mio lavoro l’uso di forme primarie, di forte natura ancestrale e simbolica, concorrono a narrare epifanie, dialoghi con l’universo, eventi divelti dal mondo tangibile. Fare arte è per me un’esperienza che si traduce e concretizza in azioni, installazioni, performance, corpi plastici e videoinstallazioni. Il video rappresenta un medium davvero efficace sia per descrivere il viaggio nel tempo e nei luoghi che è vivere che per mostrare i percorsi lungo i quali bellezza, mistero, poesia e magia diventano arte. Forse.
Nella mia opera il tempo rappresenta una costante, partendo dalla quale la ricerca spazia tra segni, simboli, memorie individuali e collettive, storie accadute in un Altrove spaziale e temporale che solo la memoria genetica e l’arte possono far emergere. Tanto nelle mie videoinstallazioni quanto nella scultura Il fattore tempo è determinante e le forme lisce, lucide ed arrotondate ne sono manifestazione giacché il fluire del tempo non lascia solo incrostazioni e ruggine: la pala con cui il fornaio ogni giorno estrae il pane dal forno è lucida, l’aratro che solca la terra diventa così lucido da potervisi specchiare!
C’è chi vede nelle mie installazioni la rappresentazione di un “mondo delle idee” freddo, silenzioso ed a-temporale… come se i materiali e le forme che le compongono, le superfici lucenti e specchianti esprimessero una sorta di distacco o fuga dalla realtà e dalla quotidianità che, invece, non mi appartengono. Non presento la storia ed i fatti nella loro cruda sostanza ma di essa mi nutro e da essa mi lascio tormentare, sublimandola e partorendola levigata e lucida: essenzializzata. Questo richiede tempo e sofferenza.
L’artista non è (solo) chi mostra ai suoi contemporanei le brutture che li circondano, è anche chi mette in evidenza la lucente forza che ognuno ha in sé che sarebbe la vera essenza di tutte le forme che ci circondano se riuscissimo a lavarle e levigarle, immergendole nel fiume impetuoso o lentissimo che è il tempo.
In conclusione di questo veloce autoritratto, definisco la mia ricerca Essenzialismo ovvero Tentativo, attraverso più fasi del processo creativo, di rendere l’essenza − concettuale e sostanziale – di emergenze e suggestioni che giungano da natura, cultura e pensiero.

Due installazioni
 
Un mito, 2014*
Installazione ambientale
 
Si tratta di una ideale veduta d'insieme della città di Cosenza
immersa nella storia e proiettata nella Leggenda dal suo Fiume che la collega alle rocce ed ai boschi dell'Appennino ed allo Jonio di Sybaris
lavata dalle piene del Crati e del Busento le cui acque impetuose, ritirandosi, lasciano nuda l'essenza di una città che, inossidabile, brilla sotto il sole…
La leggenda (...della sepoltura del re dei Goti, Alarico, sotto l'alveo del Crati alla sua confluenza col Busento) non è negata ma neanche esplicita. 
L'acciaio è la Contemporaneità, costruita su stratificazioni di leggende inossidabili: il Benessere, il Progresso, la Comunicazione, la Rete…      
Il Fiume non è uno squarcio, non una fogna, non un susseguirsi di discariche, non la base di sabbia per i pilastri di cemento che reggono la nostra civiltà
il Fiume è una finestra tra la storia ed il cielo. 
L'impiego dell'acciaio, molto riflettente, fa sì che la sua brillantezza mimi quella dell'acqua toccata dalla luce.
La feritoia − al centro di due teche/sepolcro/confluenza dei due fiumi − lascia intravedere i simboli del guerriero, come a contenere, custodire e insieme a mostrare la natura mortale dell'uomo potente.
L’acciaio è la dura e specchiante materia sopravvissuta allo scorrere del tempo e ne è testimone.
 
Terreno corporeo, sublime infinito, 2016*
Installazione ambientale
 
L’installazione traccia e indica un percorso lineare. Una scala ci conduce tra i pianeti che compongono l’universo femminile descrivendone il mistero, la dolcezza, la sensualità, la capacità di generare. L’uovo è uno dei pianeti di questo universo, un pianeta eccentrico soggetto a forze contrapposte che gli impediscono di essere una sfera e lo tengono in bilico sul bordo di un buco nero o di un ulteriore universo che lo hanno proiettato fin qui o lo attraggono per sottrarcelo. L’uovo rappresenta il sublime piacere in cui la mente e il corpo si fondono, esplodendo e poi implodendo, la magia della procreazione.
Se gli altri elementi rappresentano il femminile terreno e corporeo, l’ultimo elemento del percorso, una semisfera, suggerisce la sublimazione, la sacralità del calice sull’altare (che, mai come in questo caso, ci rende fratelli e sorelle giacché tutti siamo nati da una donna), ma la semisfera è anche un luogo di arrivo in senso escatologico, nell’ambito di un’idea di trascendente al femminile.
 
Caterina Arcuri
aprile 2016