22/10/2018  al 30/11/2018

Veronica Montanino "Mutamenti"

A cura di: Emma Ercoli

Veronica Montanino "Mutamenti"
 
 Carlo Gallerati è lieto di presentare Mutamenti, una mostra personale di Veronica Montanino a cura di Emma Ercoli, quinto evento della rassegna Permesso. 
 “Le uniche, vere vie di accesso al vasto orizzonte creativo di Veronica Montanino passano per l'immaginazione. Occorre abbandonare i codoci di riferimento tradizionali per orientarsi nello spazio che questo orizzonte disegna, perchè le forme e i segni che lo attraversano si intersecano e si sovrappongono, si riducono spesso al loro opposto, si dissolvono in semplici tracce della loro presenza-assenza o si liquefanno in puro colore.  Non c'è niente di preordinato nel suo lavoro, per il quale più che di progetto credo si debba parlare di interrogazione dello spazio, o meglio di esplorazione attraverso un labirinto di tracce nascoste ma pronte a rivelarsi, a rendersi all'improvviso visibili come gli antichi sentieri delle vie dei canti. Percorsi misteriosi dove affiora un implicito sul quale la razionalità non ha presa e che la parola non è in grado di esprimere, quell'implicito di cui parla il filosofo americano Gendlin e che François Jullien riprende facendo riferimento all' insaputo. E' la nostra parte più vitale che ci fa entrare in consonanza con questo universo e ci fa riscoprire il sentire più autentico che -a monte della ragione- colora il nostro legame con il mondo. Un sentire che ci introduce a una sfera animata dalla forza del meraviglioso, estranea alla logica della conoscenza che richiede catalogazioni e assegnazioni, che tutto cerca di delimitare e classificare.  Con Veronica ci muoviamo in uno spazio di indeterminabilità, dove niente è definibile una volta per tutte, niente è assegnabile a una casella fissa e immutabile: le sue immagini sono in movimento continuo, la sua esperienza è dinamica, mai conclusa. L'artista ritorna spesso sul suo lavoro, lo cambia, aggiunge nuovi elementi, crea superfici stratificate, con un movimento sempre libero e spontaneo che evoca in qualche modo l'arte sottile delle caverne di Lascaux che, come scrive Bataille, fugge vigorosamente dal proprio confine esprimendo la comunicazione tra l'essere e il mondo. Assistiamo a una trasformazione continua: la pittura cola dalle pareti, straborda, copre il pavimento, invade, colonizza, penetra negli interstizi tra i mille elementi che pullulano sulla superficie. Seguiamo il suo fiume di colore facendo esperienza del between, lo spazio che è nel mezzo tra un oggetto e l'altro, in quell'area del tra che è anche quella dell'esperienza presoggettiva, in un susseguirsi di elementi inaspettati che ci costringono a escludere qualsiasi semplificazione della realtà, qualunque idea di progetto o di ordine.  Parliamo di sorprese perchè Veronica Montanino pone sotto i nostri occhi qualcosa su cui non fissiamo mai abbastanza la nostra attenzione: il suo lavoro ci mette in contatto con il corso silenzioso del mutamento, facendo affiorare la dimensione relazionale tra interno e esterno, delle cose tra loro e tra queste e il resto del mondo. L'artista ci conduce senza bussola lungo un percorso che Giorgio de Finis definisce pieno di insidie. Ci fa perdere in uno spazio onirico, in un reticolo di stimoli e sollecitazioni, lungo un sentiero che prevede la gioia di immergersi in un bagno di colore. Quel colore che è stato oggetto di estremo pregiudizio nella cultura occidentale, dove generazioni di filosofi hanno coltivato e alimentato una paura che neanche la Chiesa ha condiviso. Una fobia tanto più incomprensibile se si pensa che il potere del colore è stato colto e utilizzato soprattutto nel Medioevo da rubricatores e scriptores che per le opere di teologia realizzavano manoscritti miniati. Miniare significava tingere con il minio e il minium sin dall'antichità indicava vari composti di colore rosso tra cui l'ossido salino di piombo. Forse ciò che può essere percepito come insidia risiede non tanto nell'inarrestabile vitalità del colore, che per secoli l'occidente ha temuto, quanto nel carattere onnivoro e dilagante dell'opera dell'artista. E' la sua ricchezza e vivacità che fanno esplodere facoltà emozionali e affettive che normalmente siamo abituati a tenere sotto controllo. Sono i suoi spazi che brulicano di elementi i più diversi tra loro. Forme fitomorfe, concrezioni misteriose, presenze che si nutrono di fusioni e consonanze, che generano contagi e scambi reciproci, in un transito che eccede ogni limite, dove tutto germoglia, fiorisce, si espande in molteplici direzioni. E' la sua disposizione ad accogliere l'estraneo, a ospitare il diverso, che annulla ogni spinta a separare. E' il suo procedere per addizione, dopo tanto astrarre, togliere, ridurre all'essenziale che ha caratterizzato buona parte dell'arte del Novecento, un'arte sempre tentata dall'assenza, dal silenzio, dalla pagina bianca, intese non come fallimenti ma come realizzazioni assolute di un voler sentire solo l'essenziale. Forse è proprio l'esperienza del sentire che ci coglie impreparati nel lavoro di Veronica Montanino, dove ogni "oggetto" viene incluso e continuamente superato, considerato solo un passaggio fra i tanti, qualcosa che germina senza sosta in una superficie multicentrica, in un transito inarrestabile che scompiglia senza tregua il gioco e tutto sovverte, in cui tutto rientra nel fluido della "mescolanza", nell'indiviso che confonde le identità.  Un lavoro dove non troviamo più nulla a cui agganciarci e che percepiamo come pura energia di uno spazio che ha qualcosa di primitivo e di incontaminato. Nell'opera realizzata per la Galleria Gallerati l'artista introduce il tessuto, generando un ulteriore slittamento di confini. Si tratta di stoffe provenienti da varie parti dell'Africa, tutte coloratissime, che variamente dialogano con altri materiali facendo ora da sfondo, come rivestimento al supporto dove vengono poi stese lacche e vernici, o sovrapponendosi sotto varie forme ai colori con tecniche di collage. L'artista gioca con le mescolanze, le sovrapposizioni e il diverso spessore materico dei materiali. Introduce una qualità tattile che diventa tanto più intensa seguendo il percorso delle strisce di tela che fuoriescono dal "quadro", scendono lungo la parete e invadono il pavimento. Piccoli rigonfiamenti, pieghe variopinte e infine il movimento fluido delle stoffe, evocano le varie fogge del vestire, facendo affiorare il tema dell'espressività corporea esaltata dall'abito. L'origine africana dei materiali utilizzati, in particolare, richiama l'eleganza e la creatività con cui le donne di colore si avvolgono nei tessuti. Si sottolinea il motivo del corpo come primo luogo dell'abitare, la varietà delle sue autorappresentazioni attraverso il vestito, il rapporto tra interiorità ed esteriorità, la connessione tra habitus, abito e le varie sfaccettature dell'esperienza dell'abitare. Un'esperienza sempre mobile, di cui Veronica coglie tutta la dinamicità, ma anche l'intimità, la ritualità, l'apertura a una dimensione di autenticità, spontaneità e accoglienza.” (Emma Ercoli) 
 

Luoghi

  • Galleria Gallerati - Via Apuania, 55 - 00162 Roma
             06.44258243    347.7900049

    Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento Mezzi pubblici: bus: 61, 62, 93, 310; metro: linea B, fermata Bologna (da P.zza Bologna: 400 m lungo Via Livorno o Via M.di Lando)

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