23/02/2013  al 10/03/2013

Vanna Nicolotti. Esprit de géométrie / Esprit de finesse

A cura di: Vincenzo Scardigno

Vanna Nicolotti. Esprit de géométrie / Esprit de finesse

Sorretta da una solida formazione accademica, arricchita dal dialogo e dal confronto con i protagonisti dell’arte contemporanea, Vanna Nicolotti porta avanti fin dagli esordi degli anni ’60 una ricerca personale con coerenza e metodo analitico dove è presente il senso dell’impegno costante, l’onestà intellettuale e la sua dirittura morale. Tutte le sue opere sono connotate da equilibrio compositivo, rigore esecutivo, assenza di decorazione e abbellimenti ridondanti. E’ una pittura astratta, aniconica, caratterizzata da un forte impulso alla sintesi formale e alla riduzione della sintassi pittorica. Cerca nelle forme geometriche semplici: cerchi, quadrati, rettangoli, triangoli e nel colore monocromo un’idea di bellezza archetipica, un misurato ritmo musicale, un ordine preciso che esprima compiutamente il suo senso dell’armonia, di spiritualità, di trascendenza, di assoluto. Con un’attenzione quasi scientifica conduce un’indagine continua sulla percezione visiva, su ciò che è nascosto ai nostri sensi, ma non alla nostra sensibilità. E’ un’analisi sull’invisibile occultato nel mondo fisico. Operativamente procede stratificando superfici monocrome traforate da finestrature che catturano la luce senza imprigionarla. Il fondo specchiante la rimanda arricchita di nuove cromie modulandola con quella ambientale. Il manufatto non è più pittura, non è neanche scultura, forse entrambe.  Nel quadro avviene un continuo riverberarsi di cambiamento di stato dal bidimensionale al tridimensionale, è un magnete di energia che entra in risonanza con quella dell’osservatore e ne fa scaturire complessi giochi di luminosità man mano che l’angolo di veduta cambia rispetto l’oggetto, moltiplicando gli effetti percettivi. L’immagine riflessa, dentro la profondità dello schermo specchiante, diventa parte integrante del lavoro che, pur nella semplicità e nella riduzione formale, ne custodisce la complessità misteriosa al pari di un cristallo di sale, di un frammento di carbone, di un granello di sabbia, di una scheggia incandescente che custodiscono nel loro microcosmo l’enigma dell’universo. La luce che entra nello spessore del quadro ne supera i suoi strati più interni e ne viene fuori modificata come il raggio del sole che attraversa la nuvola o che si rifrange in una goccia d’acqua. L’artista pur appartenendo alla temperie storica dello “Spazialismo” dei “Nucleari” del “Gruppo Azimut” e via elencando, ha assunto nella sua poetica stilemi diversi, conseguendo un’originale autonomia d’impostazione metodologica. Non indaga con tagli quello che avviene “al di là” della tela, né le interessa ciò che si muove al di sotto della “pelle” dell’opera, è invece attratta da ciò che il quadro non trattiene, ma restitisce sotto forma di vibrazione luminosa.
Sono opere colme di significati non solo plastici e cromatici, ma anche concettuali, o meglio speculativi: ci riconsegnano trasfigurato lo spettacolo del profondo elaborato con la curiosità di chi intende scrutare l’eterno mistero dell’essere ed è mosso dal desiderio di andare nel fondo delle cose. Vanna Nicolotti pensa l’arte come riflessione analitica, come pratica mentale, che esegue con perizia tecnica e disciplina combinatoria. La sua pittura  e le sue calcografie sono un elogio alla profondità contro la superficialità, in ogni sua lavoro ritroviamo una sorta di gioco prospettico che ci rimanda alla pienezza della vita interiore, al mistero dell’inconscio, al segreto dell’universo che è vuoto e pieno allo stesso tempo. Procede nella sua analisi con estrema naturalezza e semplicità come già certificato nelle opere grafiche realizzate negli anni 70/80. Sono testimoni di un periodo storico che ha visto l’artista impegnata in una lotta contro la tirannia e gli abusi del potere, a sostegno delle vittime della ferocia militare e dell’indifferenza umana. Dunque l’arte intesa non come consolatoria fuga dell’immaginazione, ma come impegno sociale. E’ proprio il suo rigore e la sua disciplina metodologica che ci spingono a fare nostra la riflessione del filosofo seicentesco Blaise Pascal e ad analizzare le sue opere secondo la sua teoria dell’esprit de finesse, che non è nient’altro che la spinta alla conoscenza realizzata col linguaggio del cuore, del sentimento e dell’empatia, è la lingua dell’anima e della sfera affettiva, ebbene noi la troviamo ben presente nella ricerca dell’artista e a ragione sosteniamo che essa integra e completa l’esprit de gèomètrie che è invece la conoscenza analitica che si ottiene con procedimenti razionali, matematici ed è ciò, che di primo acchito, colpisce la nostra fantasia di fronte a questi elaborati.  I due spiriti coesistono e si compenetrano. Nei quadri recenti di Vanna Nicolotti si trovano uniti entrambi questi procedimenti: da una parte vi è l’impulso a fermare la bellezza della radiazione luminosa e a custodirla dentro la geometria di un cristallo e dall’altra il desiderio di liberare, con entusiasmo e grazia, spazi di colore puro e pulsante che la magia della luce ci riporta ai campi dell’infinito e dell’incorporeo, perché l’essenziale è invisibile agli occhi.

 


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