19/10/2019  al 30/11/2019

"Swimming Pool" Elena Knox, Sissa Micheli, Liliana Orbach, Jaye Rhee, Debora Vrizz

"Swimming Pool" Elena Knox, Sissa Micheli, Liliana Orbach, Jaye Rhee, Debora Vrizz
Elena Knox, Sissa Micheli, Liliana Orbach, Jaye Rhee, Debora Vrizzi 
La piscina, palcoscenico privilegiato di cinema e letteratura, rappresenta uno dei simboli più potenti, efficaci ed eloquenti del mondo contemporaneo. La mostra è dedicata al tema della piscina, vista come luogo fisico e mentale in bilico tra una dimensione artificiale e una condizione naturale.   
La piscina è densa di significati, anche discordanti: è simbolo del lusso ma anche di un ritrovato rapporto con la natura (l’acqua, il corpo: l’abbandonarsi e il lasciarsi andare); è  al contempo artificiale e naturale.  
Contenitore e spazio adibito alla libertà,  mescola sensualità , ambiguità ( innumerevoli scene di film, libri, video musicali) e morte :il cadavere nella piscina è un altro simbolo ricorrente che lega il lusso alla disperazione, come nell’opera di Elmgreen & Dragset  “Death of a Collector”. Rappresenta anche uno spazio da percorrere (movimento) o in cui galleggiare (stasi), pieno e vuoto. 
Ed è presente l’acqua che da secoli non cessa di affascinare e ispirare atleti, artisti e persone comuni : cristallina, ristoratrice, ora misteriosa, immensa e terribile, ora raccolta e familiare.  
In questa mostra sono proposte alcune opere in cui la piscina costituisce un elemento rappresentativo o simbolico di rilievo. 
Le artiste invitate, Elena Knox, Sissa Micheli, Liliana Orbach, Jaye Rhee, Debora Vrizzi, affrontano lo stesso tema con linguaggi diversi come la fotografia e il video. 
Elena Knox è un'artista performer e multimediale australiana che lavora attraverso testi, suoni e immagini. 
Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca presso il College of Fine Art (attualmente UNSW Art & Design) presso l'Università del New South Wales nel 2015, ha iniziato a proporre lavori che evidenziano il rapporto tra umani e robot  in Giappone e in altri paesi.  
Le sue opere propongono e sovvertono le tradizionali raffigurazioni di genere, interrogandosi su come le donne vengono rappresentate e rappresentano se stesse nei vari media e contesti della nostra epoca. 
Nella sua pratica artistica, amplifica gli impulsi umani al totemismo, all'idolatria e al feticismo, mediante i quali tentiamo di comunicare con fenomeni paraumani e di respingere la nostra definitiva  solitudine nella galassia. Questo sforzo spesso sfrutta il campo in rapida evoluzione delle tecnologie emergenti. 
Chinoiserie (Ode to Wuhan) documenta una guerrilla performance di Elena nella piscina dell'Hongguang Jianguo Hotel a Wuhan, in Cina. Elena è stata artista residente al K11 Art Village di Wuhan quando ha trovato questa piscina e spa, pubblicizzata dall'hotel come aperta e utilizzabile dagli ospiti. 
La città di Wuhan ha un'atmosfera ottimista, caotica, vecchio-nuovo-nuovo, in costruzione / distruzione. Chinoiserie (Ode to Wuhan) è il tentativo dell'artista di trovare un punto di accesso all'immersione culturale, in una Cina che scorre veloce inondata di contraddizioni. 
La ricerca espressiva di Sissa Micheli, artista altoatesina, viennese d’adozione, si muove tra l’immagine fissa e quella mobile dosando con rigore installazioni, video e foto. 
Sissa Micheli padroneggia per sottigliezza e capacità di suggestione lo storytelling. I suoi sono studi poetici di passioni elementari, tormenti quotidiani, intimi, talvolta d’impressionante intensità emotiva. Il suo è un mondo complesso di forte qualità cinematografica, dove realtà e finzione sono complici nella costruzione della struttura di un dramma psicologico. 
A volte autobiografico, a volte basato sull'esperienza di qualcun altro, come riportata da un giornale, queste narrazioni di intimità sono frammenti autonomi di una vita difficile. In un processo delicato e appena visibile di sublimazione, Micheli iconizza le matrici delle relazioni umane di base, fornendo così lo spettatore di un dizionario di "emozioni ricevute" che, pur universalizzate, mantengono la loro sincerità e incredibilmente, una potente autenticità. 
Nella mostra Swimming Pool l'artista presenta fotografie tratte dalla serie "I think I got caught in a trap" (2007), in cui la protagonista, l’artista stessa, esplora gli spazi di una villa abbandonata prima della sua demolizione. Si tratta della Villa Wierer costruita dall’architetto Franz Prey a Chienes in Alto Adige negli anni 70 e demolita nel 2008. Le sue rovine sono emblematiche del declino economico di tutta una generazione alto-atesina che era diventata ricca in breve tempo e che poco dopo era andata in fallimento. Micheli prende spunto da una storia vera del passato, s’immedesima nel ruolo della moglie del proprietario e crea una narrazione pittorica densa nella quale traduce una situazione emozionale di precarietà in metafore visive. A questo punto, l'osservatore è coinvolto nel mezzo di una storia immaginaria tutta misteriosa. 
Liliana Orbach è un'artista interdisciplinare, curatrice indipendente e  docente. Nata in Argentina, vive e lavora a Tel Aviv. Ha collaborato con numerosi artisti, scrittori, musicisti partecipando  e spesso coordinando  numerosi progetti e eventi nazionali e internazionali relativi all'arte ed è stata anche invitata a curare programmi di video arte e a tenere conferenze in musei e università.  
Il suo lavoro intende essere globale, affrontando argomenti che riguardano molti aspetti della nostra esistenza e proponendo spunti di riflessione sulla complessità delle dinamiche culturali e sociali della nostra contemporaneità. Oltre a lavorare con le immagini in movimento lavora sull’ abbinamento dell'immagine con il linguaggio verbale. 
L’artista propone il video Preludio de una danza. Quello che sembra un momento divertente in piscina si trasforma in una situazione di tensione in cui il ritmo del ciclo dell'acqua sembra controllare con il suo flusso l'apparente libertà in cui si muovono i nuotatori.Il desiderio dell'umanità di dominare la natura potrebbe trasformarsi in un pericoloso gioco dai risultati imprevedibili. L’artista ci ricorda che la vita dell’uomo scorre entro i confini del potente regno della natura. 
Nata a Seoul, in Corea del Sud, Jaye  Rhee. Jaye Rhee si cimenta  nello spazio tra l'ironico e il commovente  con le sue video installazioni. Nata a Seoul, in Corea del Sud, Rhee si è trasferita negli Stati Uniti dove vive e dove. si è laureata presso la School of the Art Institute di Chicago (BFA, MFA) 
Presenta un'installazione intitolata Swan. Il suo lavoro esplora la natura ambigua  del desiderio. Concentrandosi sulla tensione tra il desiderio "reale" e  "falsi" oggetti del desiderio,   rappresentata dalle immagini, nel senso più ampio della parola, il suo lavoro presenta "falsi reali" e "immagini senza immagini". 
 Ad esempio, nella sua serie di bagni pubblici Swan, Orso polare, Niagara, i performers  si muovono nei bagni pubblici sullo sfondo di dipinti murali raffiguranti cigni in un lago, una scena del Polo Nord con orsi polari e le Cascate del Niagara. Queste scene esistono nel linguaggio, così come nella memoria collettiva modellata dalla cultura. Ma dove esistono realmente? Il cigno, gli orsi polari del Polo Nord e le Cascate del Niagara, esistono tutti senza esistere in quanto  immagini idealizzate dell'immaginario nostalgico. 
Il suo obiettivo è quello di creare un nuovo spazio visivo in cui l'artificio evapori attraverso la presentazione molto nuda delle immagini e mettendo a nudo i materiali. Questo "onesto artificio" alla fine porterebbe a una riflessione sulla propria nostalgia.  
Debora Vrizzi, nata a Cividale del Friuli, è una videoartista e autore della fotografia. 
Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, negli anni alimenta il suo interesse per il cinema e la videoarte. Al Centro Sperimentale di Cinematografia / CSC di Roma, dove si diploma nel 2006 sotto la guida del Maestro Rotunno, impara a mettere la luce al servizio del racconto.  
Come Performer e cineasta, Debora Vrizzi lavora da sempre con le immagini, il movimento, la fotografia e il corpo per mettere in scena una riflessione sull’identità personale e collettiva, a volte attraverso strutture semi-narrative, altre volte mediante una struttura simbolico-concettuale, in altre ancora slittando verso la documentazione del reale e l’autobiografia. 
I suoi personali progetti artistici seguono due strade: la prima è caratterizzata dal mettere in gioco il proprio corpo come protagonista delle sue opere, le quali sono strutturate su un impianto prettamente cinematografico: i suoi quadri viventi sono delle vere e proprie ‘mises en scène’. La seconda è apparentemente opposta poiché l’artista sceglie di mettere in scena il cinema del reale.  
In Frame Line, attraverso la rivisitazione del Mito, l’artista parla dell’attesa e della densità (concettuale e fisica) dei sentimenti e delle strategie ingarbugliate e inefficaci dell’amore. Penelope attende Ulisse che, incantato delle Sirene, decide di non tornare. La donna tesse i suoi capelli come una ragnatela, cercando di rendere seducente la sua interminabile attesa; non vuole abbandonare il suo trono. Il vento, che l’avvolge in aria sembra proseguire anche nell’acqua muovendo la gonna in una sorta di danza. Frame line è lo spazio tra un fotogramma e un altro, è la linea che divide i sentimenti dalla ragione, è lo spazio vuoto e apparentemente immobile dell’attesa.

Luoghi

  • Muratcentoventidue Artecontemporanea - Via G. Murat, 122/b - Bari
             393.8704029

    Orario di apertura: dal martedì al sabato, dalle 17 alle 20

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