21/06/2015  al 18/07/2015

Massimo Di Gaetano. Il linguaggio della materia

A cura di: Fabio D’Achille

Massimo Di Gaetano. Il linguaggio della materia
“Uno dei modi fondamentali con cui si rivela lo spessore artistico di Massimo Di Gaetano è la proiezione di quanto l’artista ha visto e introiettato da personalità rilevanti del mondo dell’arte, da Paolo Uccello a Michelangelo, passando per lo Sturm und Drang e il Romanticismo inglese di William Turner che tanto deve al dialogo con correnti artistiche tedesche, olandesi e nordeuropee a cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo (basti pensare a Caspar David Friedrich), che hanno fatto della poetica del Sublime, basata su fenomeni naturali che affascinano per la loro maestosità incontrollabile, spaventosa, il proprio cavallo di battaglia. Massimo, stimolato da simili spunti, li ha ripresi andando oltre, li ha fatti suoi, li ha reinterpretati sulle radici della leggerezza o meglio libertà, scevro dall’intenzione di voler dare insegnamenti o di sovraccaricare le sue opere con la sovrastruttura del cosiddetto significato o messaggio da cui è difficile svincolarsi per un artista, fardello spesso fuorviante per l’opera.
Ed ecco che subentra l’importanza della tecnica, dell’inchiostro a china lasciato scivolare sulla carta sino a raggiungere un risultato casuale che fuoriesce dall’interazione tra la mano dell’artefice e la materia, due entità che s’identificano nella propria unicità per incontrarsi dando vita ad effetti che trascendono potenziali progetti iniziali. Ed è proprio questo che Massimo persegue, quando afferma di “seguire il quadro cercando di seguire il quadro”: libero da costrizioni concettuali l’artista lascia che l’opera viva di vita propria, agevolato dalla velocità del disegno su carta, ben diverso dall’olio, che invece richiede uno studio meticoloso e un costante soffermarsi sull’opera, l’attesa dell’asciugatura lenta, il ritorno sul lavoro.
La mano si muove con una facilità e una spontaneità non condizionate dal pensiero razionale, permettendo all’artista di svelarsi in toto insieme alla propria opera. E lo spettatore è catapultato in un viaggio attraverso atmosfere brumose, offuscate, con la suggestione - a tratti - di trovarsi di fronte a fotografie antiche, d’immergersi nel gioco delle ombre date da passaggi tonali graduali in cui prevale il monocromo, dove il chiaroscuro è annullato a favore di un effetto non plastico ma pittorico. I soggetti, siano paesaggi (fuori dall’accezione comune del termine) o figure macabre ispirate al linguaggio del fumetto, sono solo dei pretesti per liberare un mondo onirico inscindibile dalla materia”.  (Laura Cianfarani)

Luoghi

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