13/10/2018  al 22/10/2018

Mariangela Calabrese "interferenze progressive"

A cura di: Testi critici di Marcello Carlino e Rocco Zani

Mariangela Calabrese "interferenze progressive" Al protagonista dal nome impronunciabile delle Cosmicomiche di Calvino, prima ancora che l’universo si formi come lo abbiamo conosciuto, accade di avvistare qualcosa di sorprendente all’orizzonte, cosicché attende giorno dopo giorno che la meraviglia si rinnovi e che l’immagine incontrata dal suo sguardo s’arricchisca di altri sorprendenti elementi e trami una sequenza alla quale egli risponderà a sua volta con immagini e sequenze lanciate nello spazio: è la storia fantastica della nascita del segno e della sua crescita in sistema e della sua variazione nel tempo che motivano la comunicazione come bene comune. Non dissimile è quel che si produce sulla tela di Mariangela Calabrese. Un segno, un grumo di segni appare ogni volta come un dirigibile (una misteriosa presenza affiorata, evocata) che naviga nell’atmosfera e che, con diversi gradi angolari di inclinazione, si ripete variando e istituendo nuove potenziali connessioni: e cioè ora è l’abbrivo della configurazione possibile di una marina, con porto e navi e case affacciate sull’acqua, che cerca un racconto; ora è la richiesta a chi osserva di pensare uno spazio montano con nevi perenni e di ambientarvi una storia; ora è una fenditura anatomica che incoraggia discese nel profondo; ora s’azzurra sapendo di mare e di cielo o s’imbruna per effetto di vento o s’arrossa postulando passioni e tramonti su di umane attestazioni; ora s’asciuga per arte del levare e perciò fa bianco e silenzio tutt’intorno come volendo dire della sua essenzialità originaria, originariamente basilare per qualunque costruzione si progetti e discorso si appresti. Presa dal fascino delle cromie tentate dal monocromo, abitando l’informale e però praticandolo in ascesi così da regolare in leitmotiv i ritorni delle apparizioni e da farle polite e libere da ogni ridondanza, la pittura di Mariangela Calabrese mostra il segno come incipit e nella sua offerta incipitaria coglie lo scatto d’energia polisensa che schiude le possibilità di racconto. Perciò, come in un piccolo manifesto di poetica, linee quali sottili trabeazioni e quali diramate trame di collegamento rigano di quando in quando la tela; mentre l’installazione, qui sezione aurea, con la forza dell’incisione riporta su mappa, lievi ma tenaci, i segni e demanda al filo d’alluminio, che si svolge e s’avvolge facendo da ponte luminoso tra le lastre incise, l’annuncio della tessitura di un racconto possibile ovvero di possibili di racconto. E ancora Calvino autorevolmente conferma: non il racconto ma i possibili del racconto (e dunque gli inizi dei racconti come in Se una notte d’inverno un viaggiatore) è bene narrare. Fa bene narrare.
                                                                                                              Marcello Carlino       
 

Il senso di una mostra è il senso di un percorso codificato. Come se l’osservazione “disciplinata” di  un viaggio (quello che all’artista appartiene comunque, come violazione o punteggiatura, indicatore o consapevolezza)  non fosse un blando esercizio di sopravvivenza o di asilo, piuttosto il cortile arioso dove disporre la traccia morale della propria volontà.  Almeno per Mariangela Calabrese. Nulla è accidentalmente occasionale. Nulla è offerto come precario sostentamento o rendiconto doveroso . Ecco allora che la mostra ordinata nei magnifici spazi del Museo Emilio Greco pare farsi – ancora una volta – luogo di decifrazione del tempo trascorso. In questo caso del tempo recente, frenetico, traboccante, eppure ricco di una “musicalità” inedita, appassionata. Perché nessun tempo vissuto è agora di quello presente. Chi, come me, ha avuto la sorte di pedinare il cammino della Calabrese pittrice ha scoperto, via via, ogni declinazione, ogni dissolvimento. Le pause, il silenzio, le esitazioni,  il rinvenimento di una luce fino allora celata, il senso – anche in questo caso – di indagare tra i fotogrammi di un nuovo sillabario. A me pare sia questa, la sua nuova stagione pittorica. Di intendimenti e di rotte. Il chiaro tentativo di rimuovere le frontiere della forma, il suo disfacimento plastico in una sorta di sedimentazione cromatica, finanche il dissolvimento o l’abrogazione dei profili  (significative le scalfitture rigate nei “corpi” di talune opere) provoca - in un contraltare bilanciato – non già un disorientamento dello sguardo, piuttosto l’ accesso dello stesso ad una dimensione di intima ispezione. E’ allora  che il “notturno” immaginato e riflesso si fa marea tonale, spirale di umori, crocevia del tragico e del ripensamento, di bagliori e di sfinimento. Incrocio della sua esistenza e delle nostre vite che ne saccheggiano l’ascolto. Come a riversare nelle pendenze e nelle diavolerie del colore – assoluto protagonista – ogni suo (e nostro) tentativo di annunciare, di offrire, di informare. O, forse, di intendere.
                                                                                                          Rocco Zani

Luoghi

  • Museo Emilio Greco – Sabaudia - Piazza del Municipio, s.n. - 04016 Sabaudia - Latina
         

    orario:dal martedì al venerdì dalle ore 16,00 alle ore 19,00 Sabato e domenica dalle ore 10,00 alle ore 13,00 dalle ore 16,00 alle ore 19,00

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