11/05/2016  al 26/05/2016

Marcello Rossetti. Fare spazio

A cura di: Testo di Dario Evola

Marcello Rossetti. Fare spazio
Marcello Rossetti articola un pensiero nello spazio, facendo dello spazio un campo d’azione.  Con la propria ricerca istituisce un progetto, una  esperienza che manifesta in forme di continuità nello spazio. Possiamo parlare, nel caso delle opere di Rossetti, di estensioni di pensiero praticate in formati differenti. Alcune di queste forme sono astratte nel senso letterale del termine. Esse traggono-da forme mimetiche, prescindono da ogni illusionismo. Si presentano nella essenza di corpi puri senza alcun illusionismo di tipo mimetico. Il rigore essenziale con il quale l’artista compone le forme continue, produce solidi che non sono mai finiti. Le costruzioni di Marcello Rossetti derivano dello spazio teatrale. Nello spazio scenico i volumi e le forme non rappresentano, piuttosto presentano l’esperienza di un vedere come, di un vedere attraverso che produce sguardo. Lo sguardo prosegue dunque verso uno spazio e verso un tempo aperti all’ interpretazione, e persino al possibile che lo spettatore può a sua volta sperimentare, qualora lo decidesse, a sua volta, di abitare come spazio sperimentale. Le forme di Rossetti si con-figurano non come immagini di qualcosa ma come segni, come linguaggio articolato. Sono sculture, ma vengono dal teatro queste forme.  Si pongono come principio e non hanno una fine. Sono forme performative estese nello spazio, esse tuttavia racchiudono anche uno spazio e lo fanno proprio. L’indefinito prende, nel senso del catturare, la sua forma. Sono volumi che includono, non escludono lo spazio.
     L’intervento dell’uomo nello spazio si pone come dominio, nella sfera della tecnica si articola come domanda, nel campo dell’arte diviene linguaggio poiché, appunto, si s-piega. Al contrario della piega barocca le sculture di Rossetti non spiegano ma articolano esperienze. Hanno una dimensione felice questi moduli spaziali, a volte anche ironica. Niente a che vedere con le angosce  cosmiche, esse sono piuttosto  estensioni di un pensiero. In questo senso esse fanno spazio, vanno verso una apertura di libertà. Possono essere acromatiche o monocromatiche, possono a volta giocare con coppie oppositive di colori. Altre volte, come nel caso dei piccoli formati, si presentano come piccole enciclopedie tascabili del buonumore e dell’ironia. A volte ancora si pongono come luoghi, come luoghi in ipotetici spazi urbani, parallelepipedi che improvvisi interrogano il sempre uguale percorso quotidiano dello spazio urbano. Aprono al sentire, indicano aperture, esse si dispongono. Curiosamente non appartengono al mondo delle cose, almeno delle cose che si possono rappresentare. Piuttosto si dispongono come presentazione di stati d’animo, distacchi, geometrie astratte, canoni illogici, che contraddicono il loro essere canone.
     Il lavoro rigoroso di Marcello Rossetti  è fondato sul modulare anziché sul modellare. Moduli spaziali che agiscono con la luce, con l’apertura. Ad astra indicano. Questi moduli non sono una presa di possesso dello spazio, piuttosto tranquillamente, felicemente, abitano lo spazio. Si tratta di volumi modulati che dialogano con il pieno e con il vuoto. Quasi con un rigore zen Rossetti fa del vuoto un luogo da abitare, uno spazio progettuale. Lo spazio kantiano è un modo attraverso cui l’intelletto rappresenta gli oggetti che percepisce. Lo spazio diventa forma dell’intuizione, i moduli costruttivi sono la rappresentazione di oggetti dati sensibilmente. La funzione artistica ha consentito, a partire dal Novecento, di esperire forme pure dell’intuizione, forme libere da ogni riferimento a cose. Forme puramente soggettive, come soggettiva è l’intuizione dello spazio e del tempo, nella esperienza non quantitativa, commensurabile, ma qualitativa. In questo senso i moduli spaziali di Marcello Rossetti sono volumi virtuali nel senso di volumi tesi verso un possibile. Ma essi sono anche concreti, percorribili da uno sguardo tattile, capace cioè di comprendere il loro essere spazio e anche luogo. Essi hanno una loro trasparenza, lasciano intravedere un oltre, un possibile. In questo senso sono anche dispositivi percettivi e sensoriali dello e nello spazio.
Rossetti lavora con i materiali, plexiglas trasparente, legno organico ma levigato dal colore, pensato come materia esso stesso. Laccature sapientemente stese sulla superfici e piani, curve e rette, tetraedi e vettori improvvisi. I toni cromatici sono primari: rosso, bianco, nero, blu, ocra. I superbi Proun di Malevic viaggiavano verso gli spazi lontani, siderali, dell’ utopia. I solidi spaziali di Marcello Rossetti hanno la leggerezza di stati d’animo pro-iettati nello spazio e, in realtà, essi ci sono più vicini. Ricordano plastici di città ideali, mappe dell’immaginario, cartografie di geografie probabili, un invito a esplorare visioni possibili. Oppure evocano spazi e luoghi domestici, libri e teatrini del quotidiano, ancora: armonie e disarmonie del quotidiano. Un invito alla tattilità degli oggetti “si prega di toccare” sembrano dire.
 
   

Luoghi

  • Quintocortile - Viale Bligny, 42 - 20136 Milano
             02 58102441     338. 800. 7617

    orario:mar, mer, ven 17.15-19.15, giovedì su appuntamento - ingresso libero

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