18/06/2016 dalle 18:30  al 03/07/2016 alle 19:30

Lucio Statti: i paesaggi dell’anima

A cura di: Veronica Longo

Lucio Statti: i paesaggi dell’anima Apparentemente sono solo paesaggi eppure, a vederli bene, seguono le regole di un mondo più complesso… Statti, che da sempre nelle sue opere svolge la tematica ludica, indaga le ragioni profonde che muovono il nostro pianeta poiché, ogni elemento della natura, partecipa alle leggi e norme di un gioco più grande e inspiegabile, che è quello di un universo a noi ignoto.
Lucio Statti, di origine napoletana, classe 1947, inizia la sua carriera di pittore da autodidatta, formandosi sui grandi esempi dei maestri del ‘900, tra cui spiccano (a seconda dei periodi), la monumentalità di Mario Sironi, le atmosfere di William Turner, il senso del fantastico di Marc Chagall, la poesia della natura di Giorgio Morandi, le ambientazioni talvolta statiche e sospese del “realismo magico” di Felice Casorati… ma sebbene l’artista sia figlio di questa proficua tradizione, se ne distacca interpretandola a suo modo. Negli anni ‘80 le sue opere si presentano con colori o atmosfere fantastiche in cui i paesaggi con alberi a forma di cubo o sfera, lasciano lo spazio a “soldatini” su cavalli (Il piccolo generale, 1987) o a fanciulli che volano in alto sollevati da palloncini (Verso nuovi mondi, 1989). Nel suo percorso artistico, segnato da numerosi riconoscimenti e mostre anche all’estero, senza dubbio sono da menzionare la vincita del prestigioso premio La Ginestra d’oro nel 1992 e la tesi per il conseguimento del diploma accademico che viene dedicata da Maria Montella al suo operato nel 2002. Se nelle opere degli anni precedenti il paesaggio fa solo da “scenario” per i suoi “personaggi”, tra il 2001 e il 2005 diventa protagonista assoluto delle tele e le ambientazioni si mostrano in maniera totalmente diversa con grandi distese infinite, lunghi orizzonti e talvolta sfondi “piatti” dai cieli spettacolari invasi di morbide nuvole (Terra di Puglia, 2002; Oltre il dosso; Orizzonte I e II, tutte del 2003). In questi quadri, spesso di grandi dimensioni, non si avverte la necessità della presenza umana che potrebbe solo riscontrarsi in alcuni elementi che tornano di continuo, come simboli ricorrenti: barchette di carta, palloncini generalmente rossi, giocattoli immersi nella natura rigogliosa, composta da fronde lussureggianti (Il sogno della libertà, 2011). Sono sempre opere a olio su tela di lino o juta, che l’artista prepara personalmente seguendo la tradizione della colla di coniglio stesa a strati, finché il supporto non sia idoneo ad accogliere la pittura.
Questi lavori si potrebbero “suddividere” in gruppi compositivi: quelli in cui emergono i riflessi, giochi dell’acqua svolti su “sanpietrini”, asfalto e pozzanghere che mostrano un mondo totalmente ribaltato come uno specchio che rivela il suo opposto e dalla terra ci rimanda all’aria (Il gioco dell’acqua I, 2006 e III, 2010; La pozzanghera, 2009) o in cui le immagini di laghi e mari attraverso le sue piante creano forme quasi astratte (Riflessi e piante acquatiche, 2009) o distorcono la realtà “sciogliendola” mentre scorre giù dal parabrezza di una macchina durante una giornata di pioggia (Il gioco dell’acqua II, 2010).
Segue poi una serie di paesaggi “tradizionali” in cui composizioni, colori e pennellate si avvicinano alla cultura di fine ‘800/primi ‘900, passando da Camille Corot, agli impressionisti e ai macchiaioli (Paesaggio, 2014-15; Lago d’Averno, 2013; Paesaggio al crepuscolo, 2011; Sessa Aurunca, 2016), con studi “en plein air” per la nebbia e le atmosfere (Lungo il lago Averno, 2008; Santa Maria della Salute, 2011). A questo ambito appartengono pure tutta una serie di quadri con casolari e palazzi in cui emerge la struttura architettonica, di dimensioni 30 x 40 cm (Paesaggio, 2012; Verso l’imbrunire, 2014) o di piccolo formato 13 x 18 cm (Casolari, 2008; La casa del pescatore, 2009; Paesaggio del Sud, 2006; Paesaggio, 2012). Diversi appaiono invece gli scenari in cui la pittura si mostra più dettagliata e realistica descrivendo ogni più flebile filo d’erba o luccichio sui ciottoli (L’Averno, 2015) tra cui si nasconde un burattino abbandonato al suo destino (Quello che prende poi ridà, 2016).
In definitiva, sono tutte opere in cui, in maniera silenziosa o più dirompente, il paesaggio pare voglia lasciare un messaggio, sia esso di calma e serenità in equilibrio dinamico o di anima in tumulto, piegata come l’albero dal forte vento in tempesta, che vede andar il palloncino rosso in lontananza: una ferita che non si potrà più rimarginare o forse solo la fuga verso la libertà e la luce (L’albero e il palloncino, 2010).
Al tema del gioco sono da riportare le rappresentazioni di fabbriche ormai distrutte e abbandonate, balocchi creati dall’uomo che poi non li ha saputi tutelare e pertanto hanno ormai perso la loro utilità e il senso per cui erano state costruiti fornendo lavoro all’uomo stesso (Il giocattolo distrutto, 2010; Fine di un compito, 2016).
Da non trascurare infine è anche la produzione incisoria di Statti a partire dal 2005, che oscilla da una perizia grafica minuziosa tipica dell’acquaforte
e dell’acquatinta -anche qui Venezia e le sue lagune esercitano un fascino particolare ai suoi occhi (Acqua alta a Venezia; Passeggiata a Venezia; Paesaggio veneziano, tutte del 2009 e L’Arsenale di Venezia, 2014)- o della puntasecca dagli scuri vellutati (Sul lago, 2011), per poi invece realizzare stampe dal sapore informale con le tecniche d’incisione sperimentale che tanto ci rimandano alle sensibilità “pittoriche” di Rina Riva, attraverso l’utilizzo di nastri adesivi e materie su supporti di cartone inchiostrati a poupée a più colori (La casa sul mare, 2011; Venezia e Paesaggio, entrambe del 2012).
Luoghi dell’anima quindi, reali o fantastici, che ci sospendono in un universo interiore, “oltre”, trascorso o recente, che nei suoi colori e forme ci conduce in terre lontane, ancora tutte da esplorare nel lungo e sconfinato tragitto della vita…
A questi panorami ritratti da Statti, reali o nostalgici, spesso legati alla nostra terra, bene si accostano le immagini del video-drone Fuori dal mondo, a cura di Lux in Fabula, che mostra visioni inedite del Complesso Archeologico delle Terme di Baia, sito suggestivo e di grande rilievo per i Campi Flegrei.
Chiude in bellezza questa esposizione l’esecuzione di brani per piano, Fugaci armonie, di Giancarlo Cuneo: giovanissimo e talentuoso musicista, da quasi dieci anni studia pianoforte, vincendo vari concorsi, suonando in coppia o da solista. Appassionato di jazz, da un anno amplia notevolmente le sue competenze strumentali studiando anche il violoncello. Le musiche da lui scelte, tra cui l’improvvisazione di sua creazione Comm' iesc' iesc', porteranno il pubblico verso quegli orizzonti sconfinati che Statti mostra con la sua pittura.
Come sempre, una serata irrinunciabile, in cui l’arte si declina sotto le sue mille sfaccettature per regalare al pubblico di Controsegno tante emozioni per quante sono le vibrazioni dello spirito…
 
 

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Luoghi

  • Atelier Controsegno - Via Napoli, 201 - Pozzuoli - Napoli
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    Orari: feriali: 10.00-14.00 e 15.00-19.00; festivi: 10.00-14.00 (domenica su appuntamento).

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