18/07/2014  al 02/08/2014

Luciano Puzzo “Afonia 366”

Luciano Puzzo “Afonia 366”
Immagini che non descrivono, parole che non raccontano...
La labile persistenza dell’accadere

 
Il desiderio di evocare l’intensità del farsi di eventi straordinari, eppure ormai divenuti pressoché quotidiani, è il filo tenace che ha guidato Luciano Puzzo nella costruzione di un “reportage” che non documenta né descrive ma suggerisce l’intima profondità degli accadimenti.
È un lavoro complesso in cui le immagini e le parole si equivalgono e, anzi, si esaltano le une con le altre, innescando meccanismi di rimandi, a ritmare una sequenza tra le tante possibili, capace di preservare la sottile persistenza di ciò che è stato e ora non è più. La fotografia gli permette di custodire quelle tracce che corrono il rischio di perdersi, fagocitate dall’incalzare frenetico del presente, e la poesia di lasciare affiorare i dettagli significanti di cui è intessuto il divenire, perché a interessagli è la possibilità, non la realtà del racconto. I fatti tragici non sono presentati nella loro insensatezza, sono suggeriti dalla superficie increspata del mare, che ha ingoiato i corpi fiaccati dalla prostrazione, da impronte lasciate nella sabbia, che solo per pochi istanti ne trattiene la memoria, da ombre lunghe, che come materia densa ricoprono gli oggetti strappati dalle mani di qualcuno senza volto né nome, da echi lontane di voci, che implorano inutilmente aiuto.
Il reale, infatti, sfuma nell’intensità del proprio sentire e tutto è riportato a una dimensione interiore, per creare un effetto ricercato di rarefazione, in cui ogni immagine si dissolve nell’altra seguendo il ritmo lento ma in crescendo delle emozioni. Richiamando alla memoria l’inesplicabile ritmicità del tempo, inquietudini e turbamenti si srotolano seguendo modalità sempre differenti, per arricchirsi ogni volta di nuove sfumature e altri significati e sebbene siano inequivocabili segni di presenze e indicazioni di assenze, sembrano sospese dal flusso del reale, che pure le ha generate.
Si offrono allo sguardo come un frammento strappato agli accadimenti dell’esistenza, intorno cui l’artista ha lavorato con certosina attenzione, per lasciare emergere il palpitare della vita con la sua scontata normalità o straordinaria eccezionalità, a disegnare un’amara riflessione sulla solitudine, l’emarginazione, l’invisibilità, la disperazione. Rinunciando a ogni tentazione di registrare, Puzzo rifiuta di porsi frontalmente rispetto alle cose. A guidarlo è una ricercata lateralità, che permette di guardare il reale, per mostrare quanto possa svelarsi diverso attraverso l’esercizio fotografico e il cadenzarsi lieve dei versi poetici: le parole risuonano nelle immagini e in esse si amplificano a rintracciare il peso di presenze rese afone dall’oblio, il vuoto di assenze senza identità, il gravoso silenzio di chi non ha voce per farsi sentire.
Gli scatti scelti e poi raffinatamente rielaborati da calibrati interventi cromatici, che esaltano tagli e sovrapposizioni, così da privarli intenzionalmente di ogni attitudine descrittiva e proiettarli concettualmente in una dimensione diversa, sono legati gli uni agli altri dalla necessità di suggerire un farsi che deve essere continuamente ridisegnato, togliendo o aggiungendo frammenti, con l’intento di lasciare emergere la consistenza di una storia intessuta di individualità cancellate e di esistenze sostanziate da una tragedia che nessuno riesce a fermare

Luoghi

  • Sala Orsini, Palazzo Chigi - Piazza S. Lorenzo, 21 - 00060 Formello - Roma
         06 901941     329/8110391

    Aperta da martedì a domenica dalle ore 19 alle ore 21,30

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