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Il 31/03/2002 MASSIMO LUCCIOLI : Folia Sfoglia
E' di lunga data ormai, ovvero decennale, la conoscenza e stima che riguarda chi scrive e Massimo Luccioli. Conoscenza fatta di periodici viaggi a Tarquinia nello studio dello scultore alla scoperta delle ultime frontiere raggiunte dalla sua sperimentazione. Ultime frontiere che altro non fanno che aggiungere tassello a tassello, ulteriori traguardi ad una ricerca che da sempre si snoda lungo tematiche quanto mai logicamente coerenti. Visitare il suo studio situato nella parte alta di Tarquinia sul limite del paese, entrare nella chiesa-studio sconsacrata di S. Giacomo, splendido esempio di pianta centrale del XI-XII sec. con tanto di lacerti di affreschi nell'abside, oltre a porsi quasi come esperienza sacrale per via della bellezza e memoria che il luogo tramanda, risulta essere evento ulteriormente significativo per via che proprio lì, nella chiesa di S. Giacomo, appunto, sono collocate alcune opere di Luccioli, leggibili come significative tappe del suo fare scultura. Un fare scultura, che probabilmente proprio perché si avvale della pregnante presenza della civiltà etrusca nei luoghi in cui l'artista vive, peraltro riccamente testimoniata da repertori fittili quanto mai vari - buccheri, sarcofagi, urne cinerarie - per questo o per una sua personale predisposizione, da sempre lo inclina a plasmare forme plastiche privilegiatamente in creta. E' così che la forma, nel suo farsi, si salda alla tradizione, nel senso che lo studio di Luccioli è la testimonianza concreta del generarsi della scultura seguendo i tempi e i modi che le sono stati tramandati. Le forme, i pani di creta, il tornio, la gabbia per sostenere la massa plastica mentre la si lavora, tutto rimanda ad un percorso scultoreo che si origina nelle regole già individuate per le discipline plastiche dall'Alberti nel De Statua. Tuttavia la sperimentazione plastica di Massimo, pur avvalendosi di un iter procedurale così classico, si sostanzia di una ricerca personalissima. Le grandi Ombre del '92, testimoni muti e silenti di un'esilità periclitante tra le ombre bronzee etrusche e Giacometti, già da allora si disponevano ad una lettura spaziale della scultura. Ombre che si davano come indicatori spaziali, leggermente inclinati in avanti a proiettare lunghe tracce scure a terra come gnomoni di antichi orologi solari. La stessa componente spazio temporale così già compiutamente espressa nel '92 ricompare, a ricucire un tessuto connettivo di logici e coerenti rimandi, anche nel progetto dello scultore presentato per la riqualificazione dello spazio urbano di Vigna Iacobini. Anche qui, nel progetto del '99, la lastricatura della piazza è leggibile come proiezione di una mappa stellare, sulla quale nel passaggio dei solstizi, le ombre di diversa lunghezza tracciate da un orologio solare, compongono reticoli e percorsi quanto mai vari e mutevoli, a suggerire itinerari labirintici per i fruitori dello spazio urbano. Lo spazio, il tempo ma anche la memoria di esso, quindi la storia, la sua interpretazione attraverso le letture possibili, la decifrazione di codici linguistici variamente valutabili. Nella considerazione del tempo nel suo divenire, in un'accezione mitica e sacrale di esso che reputo essere propria di Luccioli, la memoria si suggella e storicizza in grandi rotuli cartacei che si srotolano su piani e arrotolano incapsulati in teche di vetro. La ricerca sulla scrittura, saldamente connessa con le Ombre, a loro volta legate al divenire delle civiltà nel tempo e nello spazio, si data dal '96. Nasceva in quell'anno il primo Rotulo cartaceo, seguito, tra gli ultimi esempi, da quelli nella personale dell'artista a Tarquinia del 2000. Srotolati a terra come antichi papiri, su di essi Luccioli compone in lunghe bande scritture stenografate interpretabili come un lungo racconto, del quale ognuno può dare una sua versione, altrettanto valida di altre a cui si salda e ricompone nuovi spazi di lettura. L'occhio così affronta panorami incogniti, tracciati scritturali che si prestano a molteplici varianti, che tuttavia lasciano sempre aperto il campo a nuove possibilità decifratorie. La lettura non costretta in modo univoco, e pertanto vissuta come una decifrabile incognita variabile nel responso a seconda dell'interpretazione che se ne dà, rappresenta l'ultimo aspetto affrontato dalla sperimentazione di Luccioli. Anche qui agisce da fattore ispirativo un sentore magico sacrale che affonda le sue radici in antiche civiltà , non esclusa quella etrusca, che affidavano ai responsi degli dei interpretati da un oracolo, la possibilità di decidere su destini controversi. La presente mostra Folia Sfoglia, preceduta da quella di Berlino del 2000 presso la galleria Brontundspiele e dall'evento ambientato a Tarquinia nella chiesa di S. Salvatore nel 2001, documenta l'approdo di Massimo all'esperienza installativa maturata attraverso la terracotta, il materiale scultoreo a lui più consueto, e ad un pensiero che gli si sottende perfettamente coerente alle poetiche ispirative attorno alle quali da sempre gravita la sua ricerca. Lo spazio espositivo risulta così invaso da foglie accartocciate di dimensioni diverse, qui presenti come trasportate dal vento che non casualmente ve le ha deposte privilegiando questo luogo rispetto ad un altrove. Si realizza in questo modo uno spazio denso di significati oracolari e narrativi che si esprimono per accenni e citazioni minime. Le foglie attraverso i segni che ne incidono le superfici sono leggibili come responsi decifrabili per parti, frammenti di racconti stenografati che si imprimono su di loro, piccoli organi delle piante caratterizzati da una crescita limitata. Ciò che è possibile leggere solo per porzioni cercando i frammenti di un responso nei segni da interpretare impressi sulle varie foglie, si ricompone in un racconto continuo sul grande Rotulo a parete, anch'esso compreso nell'installazione romana. Le foglie si sfogliano come le pagine di un libro alla ricerca di una verità da svelare e riconnettere insieme, la cui evidenza scritturale si ricompone nel grande Rotulo, nel racconto che vi si narra, e che si scopre, svolgendolo mano a mano, anch'esso tuttavia sensibile di mutevoli, molteplici interpretazioni.