19/03/2015  al 03/05/2015

Lovely Bones

Lovely Bones
Dalle Wunderkammer cinquecentesche alle pagine di un romanzo gotico,  dalla scienza alla poesia, dal rigore anatomico ad un compiaciuto abbandono ad un’estetica decadente. Questi alcuni degli elementi della mostra “LOVELY BONES”, dedicata all’esplorazione ed interpretazione di teschi e bucrani, scheletri ed ossa da parte di artisti contemporanei, che si avvalgono di diversi mezzi espressivi.
La collezione di teschi ed ossa di animali, parti integranti delle “camere delle meraviglie” cinquecentesche, affonda le sue origini nell’epoca romana; si narra, infatti, che Augusto, nella sua villa di Capri, conservasse, accanto alle opere d’arte, ossa di animali preistorici, che il popolo riteneva “ossa di giganti” ; da qui seguirono, lungo i secoli,  numerose  raccolte, motivate da curiosità scientifiche, desiderio di stupire o semplicemente lasciarsi ammaliare. La passione ed il fascino per i “naturalia” permane anche oggi, da qui l’idea di ricreare una nuova wunderkammer, tra ossa e teschi reali e le loro reinterpretazioni artistiche.
Il lavoro di Anna Cirillo, giovane pittrice toscana, parte proprio da qui, trasporre in pittura, stagliando su fondi preziosi, tra oro, argento e rossi pompeiani, bucrani, scheletri di animali e trofei di caccia. A farle da contrappunto è il lavoro di Momina Muhamamad, artista pachistana, che sceglie, invece, le ossa di animali, come superficie per i suoi dipinti,  le asperità e irregolarità del supporto contrastano con la raffinatezza ed eleganza delle figure ritratte, riprese dalla tradizione miniaturista pachistana. 
Legati invece alla tradizione della “Danse macabre” sono due interessanti opere di Maurizio Bottoni, che sceglie di ritrarre la Morte, con tanto di falce, e di dedicare, non senza una buona dose d’ironia, un dipinto ad uno scheletro all’interno della fossa: più che a un “fascinante sogno sepolcrale” sembra, infatti,  rimandare alla frase di De Lisle :”Pensate cos’era la vita e riposate…”.
Memento mori, simbolo della precarietà e fragilità della vita, il teschio è sempre stato uno dei protagonisti delle Vanitas pittoriche e scultoree: rischiarato da un lume di candela, circondato da petali o frutti decomposti, evoca malinconie autunnali, tormenti interiori e note crepuscolari..  Jeremy Mann e Agostino Arrivabene ne danno una loro interpretazione pittorica; Giancarlo Pagliara, fotografica, utilizzando l’antica tecnica del  collodio umido. Lo scultore Livio Scarpella decide di “servirlo” su un piatto d’argento.
Una delle più celebri scene teatrali, in cui è protagonista un cranio è senza dubbio quella di Amleto con il teschio di Yorick  qui, reinterpretata, in chiave ironica da Enrico Pescantini, che sceglie, come attore principale Ken, l’eterno fidanzato di Barbie.
Completano la mostra le fotografie di Massimiliano Muner , Giuseppe Cavaliere ed  Andrea Simoncini, ed un’intensa scultura di Paolo Schmidlin, dove il volto di Bette Davis affiancato al proprio teschio, rimanda alle parole di Flaubert che diceva di scorgere sotto il trucco pesante delle donne incontrate per strada il loro cranio. 
 

 

Luoghi

  • Barbara Frigerio Contemporary Art - Via dell’Orso, 12 - Milano
             02 36593924

    orario ma-sa 10-13 16-19.30

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