18/03/2016  al 16/04/2016

Fabio Salafia. Geografie del cuore

A cura di: Testo critico di Elisa Mandarà

Fabio Salafia. Geografie del cuore
Dal testo critico Geografie del cuore di Elisa Mandarà
«Sono anfratti nascosti tra la verdura viva del giardino, mantecate caligini che s’allargano sopra distese di aria e acqua. Sono cromie fredde che dilatano malinconie lungo sentieri inventati sopra una prospettiva che onora il canone, divergendone con la personalità pittorica, sono mondi paralleli. Sono tripudi festosi di colore, dosati dinamicamente in una pittura d’azione, dove c’è la gamma floreale di nuance aperte e dove è contemperato il bitume definitivamente nero, punto di forza tra sinestesie e dissolvenze. Stilemi che toccano e fuggono tentazioni surrealiste e che sono sempre allusivi di geografie del cuore. Plaghe evanescenti tagliate dalla lama luministica centrale, che abbisognano del riconoscimento d’un orizzonte, verità visiva e al contempo puro pretesto di vero, che accontenta esigenze estetiche.
Nell’universo altro di Fabio Salafia il paesaggio si specchia nella sua doppiezza, in ambivalenze che sono comportate dalle infinite individuali percezioni della natura, in vedute che sollecitano intime inebriazioni, che conoscono un elegante tonalismo, in uno splendido estro spaziale e compositivo, che abbraccia la felicità edenica – talora inquietata da scure presenze alate – o che sa liquefare la veduta nella macchia polisemica. […] Potremmo tracciare una nutrita costellazione di ascendenze e contiguità, nell’opera di Salafia, anzitutto sensibile alle indagini dell’Informale. Lo attesta l’elaborazione dell’olio sul quadro, assunto e trattato nelle sue qualità specifiche, visive e tattili; la materia satura completamente il quadro, divenendo in sé immanenza di luogo, stagliandosi dalla superficie in ictus compositivi che amano il grumo e la pasta alta, senza sterili compiacimenti, ma col senso equilibrato del ricercato accento, desiderato dalla composizione.
Potremmo collocare, tra gli antecedenti significativi del lavoro di Salafia, la Nuova Figurazione, per la tensione alla conciliazione delle istanze del realismo con un linguaggio pittorico contemporaneo e, per altri versi, la Nuova Pittura, anche per la concentrazione della ricerca sul colore, in quanto sostanza fenomenica della pittura, o per il controllo del gesto pittorico. O anche – parliamo qui di linee ideali – la tensione compositiva del gruppo CoBrA, quando Salafia, in brani importanti delle sue opere, pare fornire materia e linguaggio alle sollecitazioni profonde dell’io.
Il suo specifico appartiene però più propriamente a quel ritorno alla pittura che contrassegna il cosmo creativo di tanti artisti che operano negli anni Ottanta e il cui iter creativo perdura a oggi. Un parallelismo più visibile potremmo rintracciare rispetto alla cifra di pittori magistrali quali Anselm Kiefer, Peter Doig (tangenze tra Salafia e Doig erano state già lucidamente rilevate da Marco Di Capua), Howard Hodgkin, artisti tutti, i quali, salve le reciproche indipendenze, hanno cavalcato la linea di demarcazione tra astrazione e figurazione, dando voce prioritaria a situazioni emozionali, attraverso l’altezza di un discorso squisitamente pittorico».

Luoghi

  • Galleria l'Acquario - Via Giulia, 178 - Roma
             06 64760353

    orario:11-13 e 16-20, chiuso festivi e lunedi' mattina

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