26/11/2017  al 30/12/2017

Claudio Malacarne "The dreamers"

A cura di: Rino Cardone e Grazia Lo Re

Claudio Malacarne "The dreamers"
«Là dove sei diretto / non ci sono sentieri, né piste, / solo il tuo istinto. / 
Hai seguito i segnali / e alla fine sei arrivato. /
Adesso devi fare / il gran tuffo nell'ignoto / e scoprire da solo / 
chi ha torto, / chi ha ragione, / chi sei tu veramente». 
Sergio Bambarén
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Rino Cardone –
Immergersi nell’acqua. Galleggiare. Nuotare. Tuffarsi. Piccoli gesti, spontanei per chi ama il mare. Comuni tra quanti si avvicinano alla sponda di un lago, o di un fiume. Ma l’immersione è qualcosa di più profondo. È uno stato mentale e un requisito del pensiero umano, prima ancora che una condizione del corpo. In matematica l’immersione è la relazione che corre tra due strutture, dove una delle due contiene la copia dell’altra. In psicologia l’immersione rappresenta una risposta alle esigenze del nostro inconscio. È la maniera con la quale l’individuo recupera il suo rapporto primordiale con la condizione intrauterina: dove la vita si svolge nel liquido amniotico della sacca embrionale della mamma. L’immersione, dunque, come simbolo in psicologia e l’immersione come costruzione di sottoinsiemi in matematica. Nell’uno e nell’altro caso, una maniera per penetrare il mondo del silenzio della mente: quello dal quale attinge a piene mani l’arte. Nella pittura di Claudio Malacarne l’immersione è la rappresentazione ormata dell’eleganza di un corpo che affonda nelle profondità di un oceano: dove vivono i pesci, nostri lontanissimi antenati. E quest’immagine dell’oceano richiama il pensiero coranico, ripreso negli scritti recenti di ‘Abdu’l-Bahá, di quei «mari liberi» che Dio lasciò in una condizione tale «perché s’incontrassero: e v’è una barriera frammezzo che non possono passare». 
Pensieri evoluti, dunque. Concetti che sono associati, in psicologia, a quei simboli onirici attraverso i quali riceviamo delle intuizioni su quella parte di noi - quella inconscia - che ancora oggi non conosciamo in maniera precisa e perfetta. E che possiamo solo provare, dunque, a comprendere; senza avere alcuna certezza o sicurezza sulla sua natura. I dipinti di Claudio Malacarne sono l’esaltazione estetica e stilistica di tutto questo. Tanto nel colore, quanto nella forma e quanto, pure, nella figura essi sublimano i “mondi maieutici” del dentro e fuori: quegli universi paralleli, coerenti tra loro, che sono capaci di influenzarsi tra loro in un “modulo olistico” che fa da sommatoria tra le parti. Magia, tutto questo, di quella “sapienza maieutica” che in Socrate, quanto in Platone, trovò piena esaltazione nell’idea che la verità è un sapere dell’anima; che non si può insegnare, ma solo trasmettere. Cosicché ognuno deve "partorire la sua verità". Quella che c’invita a percepire Claudio Malacarne - attraverso i suoi dipinti - è una verità che associa l’immagine dell’acqua con uno stato emotivo di gioia e serenità, di pace e armonia. Si tratta di “costruzioni semantiche” (figure di bambini che nuotano e di giovani che si tuffano) capaci di esaltare le nostre emozioni, quando siamo in uno stato di veglia. E poi va anche oltre. Intorno alla percezione dell’acqua egli arriva, persino, a portare fuori controllo le nostre emozioni. E le rinvia ai nostri sogni e ai nostri vagheggi della mente: a quel mondo delle lucide fantasticherie e dell’immaginativamente presente che rappresenta uno degli assi portanti dell’arte contemporanea. 
Sentiamo di poter associare questo nuovo ciclo di dipinti di Claudio Malacarne, molti di grande formato, ognuno di essi in continuità ideale con l’esperienza artistica da lui maturata negli ultimi anni, alla “meditazione trance ipnotica” utilizzata, da millenni, dagli sciamani di tutto il mondo e che nella moderna psicoanalisi ha assunto il carattere del “viaggio regressivo” negli stati della mente. È questa una tecnica in cui l’individuo decontestualizza se stesso dallo spazio e dal tempo, per risvegliarsi successivamente in uno “stato coscienziale” assai più profondo: che lo fa accedere al suo intimo Sé. Questo tipo di “esperienza regressiva” (correlata a immagini che evocano memorie e ricordi) prevede, ad esempio, che la persona supponga d’immergersi nell’acqua, in stati sempre più profondi. O che pensi, altrimenti, di addentrarsi in giardini fioriti: come quelli dipinti da Claudio Malacarne, al quale spetta, senza dubbio, il merito di riuscire a visualizzare - attraverso i suoi dipinti - dei luoghi incantevoli e bellissimi, meravigliosi e stupefacenti: composti di una vegetazione rigogliosa e lussureggiante, con piante secolari e con fiori capaci d’impressionare e sbalordire. 
Anche in questo caso si tratta di un’immersione. Un’immersione, però, nel colore, nella forma e nella figura. Un’immersione nel Creato e nella natura, negli archetipi universali della vita e della nostra psiche che come sosteneva Carl Gustav Jung “è costruita in armonia con la struttura dell’universo”. E secondo quanto sosteneva ancora il filosofo svizzero, è per questa ragione che quanto “accade nel macrocosmo, accade ugualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima”. 
Claudio Malacarne ci fornisce prova di tutto questo

Luoghi

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