27/01/2015  al 14/02/2015

Antonio Corpora. Anni settanta

Antonio Corpora. Anni settanta
Nella stagione 1985-86 la Galleria Schubert tenne una mostra personale di Antonio Corpora, uno dei maestri italiani dell’arte aniconica di maggior prestigio. A quasi trent’anni di distanza, nella stagio­ne 2014-15, la Galleria Schubert dedica al lavoro dello scomparso maestro una mostra incentrata sulla sua produzione grafica degli anni settanta e ottanta. L’intento, oltre che rendere un doveroso omaggio a dieci anni dalla sua scomparsa, è quello di rivolgere un invito ed una esortazione a tutti i cultori delle arti figurative, sia che siano semplici spettatori, sia che siano operatori a vario titolo, a ricordare e far ricordare un maestro ed il suo lavoro.
Corpora, partecipe con il “Gruppo degli otto” di quella stagione che portò l’arte italiana sulla ribalta internazionale, risulta ancora oggi trascurato dal grande pubblico, anche se le sue opere sono pre­senti in molti musei di tanti paesi stranieri.
Per inquadrare pienamente il lavoro di Corpora dobbiamo farne una breve storia.
Tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta nasce una tendenza dell’arte figurativa che Lionello Venturi battezzerà “astratto-concreta”, nella quale il linguaggio astratto è il punto di par­tenza e non d’arrivo che era rappresentato invece da una nuova dimensione concreta dell’immagine. Nel 1947 Corpora scrivendo dei giovani pittori di questa tendenza, tra cui include anche se stesso, li descrive legati alle due scoperte fondamentali della pittura moderna: la trasposizione del colore e la trasposizione del volume nello spazio. Corpora sosteneva che a differenza dei Fauves e dei Cubisti per cui queste due scoperte erano il punto d’arrivo della ricerca, loro li ponevano come punto di partenza.
Sempre in quegli anni Guttuso definisce Corpora un artista “concreto” in quanto “antiastratto” (pre­sentazione di Corpora alla prima mostra del “Fronte Nuovo delle Arti” nella galleria milanese della Spiga). Ma questo antiastrattismo già dagli anni trenta non era più antitetico al termine “concreto”. Fu Van Doesburg a definire la propria arte “concreta”. Era sua opinione che gli artisti avessero ormai sorpassato il periodo di ricerca in cui, per trovare la purezza, erano costretti ad astrarre forme dalle forme naturali per rimpiazzarle con le forme artistiche. Pertanto tutte quelle opere potevano ben defi­nirsi “concrete” in quanto concretizzazione dello spirito creatore dell’artista.
Successivamente la vicinanza con Guttuso e Turcato non impedì che i tre seguissero tre linee di sviluppo differenti. Troveremo Guttuso indirizzarsi verso Picasso (da qui l’attenersi ai dettami del famoso manifesto di Oltre Guernica), Turcato verso l’astrattismo geometrizzante e Corpora verso quella pittura “astratto-concreta” che lo porterà negli anni sessanta ad indagare la “sonorità” del colore e la “modulazione” dei suoi timbri e, come sosteneva Cesare Valdi, il suo ritmo che “è memo­re di tutti i colori visti, pensati e dipinti ...”. Una memoria della memoria-del-colore.
Le opere degli anni settanta lo vedono ormai padrone assoluto del mezzo espressivo. Una padro­nanza che in questa mostra può trovare ampio riscontro nella dozzina di opere esposte.
 

Luoghi

  • Galleria Schubert - Via Sirtori, 11 - Milano
             02 54101633

    da martedì a venerdì 11 - 19 - Lunedì 15-19 - chiuso sabato, domenica e festivi

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