15/01/2019  al 10/03/2019

André Kertész "Lo stupore della realtà"

A cura di: Roberto Mutti

André Kertész "Lo stupore della realtà"
dal 15 gennaio al 10 marzo 2019  - 

Una vasta e originale scelta di opere che documentano i diversi momenti dell’attività del “maestro dei maestri”. Un incontro con il talento e la personalità di un genio, per la fotografia contemporanea 
 
«Tutto quello che abbiamo fatto, 
Kertész l'ha fatto prima». 
Cartier Bresson 

Curata da Roberto Mutti e ideata da Camillo Fornasieri, la Mostra è organizzata dal Jeu de Paume di Parigi, in collaborazione con la Mediathèque de l’Architecture et du Patrimoine, Ministère de la Culture - France, con diChroma photography e con il Patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano.
L’esposizione presenta al pubblico 90 straordinarie opere che invitano a scoprire l’arte del grande fotografo e a lasciarsi sorprendere da quelle linee - così già mature in Kértesz - di un’immagine capace di reinventare la realtà, destinata a segnare un preciso percorso nella fotografia contemporanea. Un percorso sempre sollecitato da una sorgente, lo stupore della realtà. 

La Mostra è scandita da quattro sezioni che abbracciano diverse stagioni della sua vita e della sua opera. 
Una vera rivelazione, forse anche per il pubblico degli esperti, riguarda la presentazione di una rara serie di fotografie a colori nelle quali l’autore conserva il rigore compositivo ma arricchisce la sua visione di nuove possibilità espressive tutte giocate sui toni lievi di cromatismi mai aggressivi. 

“André Kertész. Lo stupore della realtà” ci accompagna in un ideale viaggio dove inizialmente prediamo familiarità con lo sguardo dell’autore sulla sua Ungheria rurale e tradizionale dove già realizza assoluti capolavori, come “L’uomo sott’acqua” e anticipa composizioni che poi si ritroveranno nelle immagini scattate a Parigi. 

Qui scopre una città europea dove può frequentare il circolo degli artisti ungheresi del quartiere di Montparnasse, rimanere colpito (non solo dal punto di vista artistico) dagli incontri con Piet Mondrian, Fernand Léger e Marc Chagall, conoscere il surrealismo di André Breton, che poi declina personalmente per rimanere all’interno della dimensione ironica, anziché concedersi allo spaesamento e all’assurdo. 
Quando arriva negli Stati Uniti (ma anche nei successivi viaggi in Giappone, in Martinica e ancora in Francia) quel suo stile svelerà i tratti di un America singolare e intensa, diversa dal reportage. Fino allo straordinario riconoscimento nel 1964, al Museum of Modern Art di New York: si sprecano gli elogi. 
Da quel momento Londra, Parigi, Stoccolma, Melbourne, Tokyo, Buenos Aires, Venezia ospiteranno i suoi lavori. 
L’umanità e un lavoro appassionato hanno sempre contraddistinto l’autore che ha trovato nell’adorata moglie Elisabeth, morta nel 1977, la sua più grande sostenitrice. 

Nell’ultima fase della sua vita creativa e soprattutto quando non sarà più in grado di uscire di casa, Kertész comincia a fotografare dalla finestra del suo appartamento in Washington Square realizzando immagini che riprendono quel tipo di ripresa dall’alto che è stata una caratteristica costante della sua visione fin dagli esordi. 

Durante la sua carriera André Kertész ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti ed è stato fonte di ispirazione per importanti artisti e fotografi suoi contemporanei e fino ad oggi. Per lui “qualsiasi aspetto del mondo, dal più banale al più importante, merita di essere fotografato, con amore”. E’ dallo stupore verso fatti inconsueti o quotidiani, esterni o interni, che nasce la possibilità di far diventare le cose “fotografia”. 
Con le sue riprese ravvicinate o a volo d’uccello, la sua passione per le strutture geometriche, le ombre e le silhouette, la sua attenzione per le forme di oggetti anche umili (una forchetta, un paio di occhiali) di cui coglie l’armonia, l’artista ungherese dialoga idealmente con il linguaggio del design. 

Infine una curiosità: nel suo volume “Leggere” Steve McCurry rende omaggio al fotografo ungherese: “Ho conosciuto André Kertész qualche tempo dopo essermi trasferito a New York, a poco più di trent’anni. Vivevamo nello stesso edificio e ancora oggi mi piace guardare le sue immagini esposte nell’atrio. Alcune delle sue fotografie più interessanti ritraevano gente impegnata a leggere. Scattate durante un arco temporale di cinquant’anni furono riunite nel volume “On Reading” pubblicato nel 1971. “Leggere” costituisce il mio personale omaggio al talento, alla personalità e al genio di Kertész». 

“La macchina fotografica è lo strumento, attraverso il quale interpreto il mondo attorno a me. E’ dunque l’inquadratura è l’arte che sa cogliere cosa genera la luce”. 
Per lui la fotografia è una specie di diario visivo, uno strumento per descrivere la vita. “Interpreto la mia sensazione in un determinato attimo. Non quello che vedo ma quello che sento, senza sentire non c'è ragione di vivere” (André Kertész) 

 

Luoghi

  • CMC Centro Culturale Di Milano - Largo Corsia dei Servi - Milano
             +39 0286455162
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