04/11/2016  al 07/01/2017

Allora & Calzadilla. The Great Silence

Allora & Calzadilla. The Great Silence
Allora & Calzadilla (in collaborazione con Ted Chiang)

Quartz Studio ha il piacere di presentare The Great Silence, un progetto speciale degli artisti, di base a Porto Rico, Jennifer Allora (Philadelphia, USA, 1974) e Guillermo Calzadilla (Havana, Cuba, 1971) che, per l’occasione, hanno realizzato una versione ad un canale della loro famosa video installazione a tre canali The Great Silence (2014). La video installazione, esposta per la prima volta nel 2014 presso il Philadelphia Museum of Art, presenta il radiotelescopio a singola apertura più grande del mondo, che si trova ad Esperanza, Porto Rico. Si tratta di un telescopio che trasmette e cattura onde radio da e per gli angoli più remoti dell’universo. Il sito dell’Osservatorio Arecibo è anche la casa dell’ultima residua popolazione selvatica dei pappagalli portoricani in via di estinzione, Amazona vittata, che hanno trovato il loro habitat nella foresta circostante del Rio Abajo. Allora & Calzadilla hanno collaborato con lo scrittore di fantascienza Ted Chiang ad uno script, corredato da sottotitoli, che esplora la traduzione come espediente per individuare ed esaminare il divario incolmabile fra attori viventi, non viventi, umani, animali, tecnologici e cosmici. Ispirandosi alla fiaba, il racconto riporta i commenti del pappagallo sulla ricerca di vita degli umani fuori dal pianeta ricorrendo al concetto di apprendimento vocale – comune a pappagalli e umani, e a poche altre specie – come spunto di riflessione sulle voci acusmatiche, il ventriloquismo e le vibrazioni alla base del linguaggio e dello stesso universo. Il testo è stato da poco selezionato per la pubblicazione nelle antologie Best American Science Fiction 2016 e Best American Short Stories 2016.
*
Gli umani usano Arecibo per cercare forme d’intelligenza aliena. Il desiderio di contattarle è tale da
averli spinti a creare un orecchio capace di sentire fin nell’universo.
Eppure noi pappagalli siamo qui. Perché agli umani non interessa ascoltare la nostra voce?
Siamo una specie non umana in grado di comunicare con loro. Non è proprio quello che cercano?
*
L’universo è così vasto che la vita intelligente sarà senz’altro nata molte volte ed è anche così antico
che persino una specie tecnologica avrebbe avuto il tempo di espandersi e riempire la galassia.
Tuttavia non c’è traccia di vita se non sulla Terra. Gli umani lo chiamano il paradosso di Fermi.
Una possibile soluzione al paradosso di Fermi è che le specie intelligenti fanno di tutto per occultare
la loro presenza in modo da evitare di essere prese di mira da invasori ostili.
Poiché la mia specie è stata quasi ridotta all’estinzione dagli umani, vi garantisco che è una strategia
saggia.
Meglio restare in disparte ed evitare di attirare l’attenzione.
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A volte il paradosso di Fermi viene chiamato il Grande silenzio. Invece di essere una cacofonia di
voci, l’universo è pervaso da un silenzio sconcertante.
Secondo alcuni umani, le specie intelligenti si estinguono prima di potersi espandere nello spazio.
Se hanno ragione, la quiete del cielo notturno è il silenzio di un cimitero.
Centinaia di anni fa la mia specie era talmente numerosa che la foresta del Río Abajo risuonava
delle nostre voci. Adesso siamo quasi estinti e fra non molto la foresta pluviale potrebbe diventare
silenziosa tanto quanto l’universo.
*
Alex era un pappagallo cenerino famoso per le sue doti cognitive. Famoso fra gli umani, intendo.
La ricercatrice Irene Pepperberg lo ha studiato per trent’anni scoprendo che Alex non solo
conosceva i nomi delle forme e dei colori, ma capiva i concetti di forma e colore.
Molti scienziati dubitavano che un uccello potesse cogliere concetti astratti. Anche se agli umani
piace ritenersi unici, alla fine Pepperberg è riuscita a convincerli che Alex non stava solo ripetendo
le parole, ma capiva quello che diceva.
Alex è stato l’unico dei miei cugini a essere preso sul serio come interlocutore dagli umani.
È morto all’improvviso quand’era ancora piuttosto giovane. La sera prima ha detto a Pepperberg:
“Tu buona. Io voglio bene”.
Se gli umani cercano un contatto con l’intelligenza non umana, cosa potrebbero chiedere di più?
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Ogni pappagallo ha un verso unico che usa per identificarsi: i biologi lo definiscono “richiamo di
contatto”.
Nel 1974, tramite Arecibo, gli astronomi inviarono nello spazio un messaggio radio a testimonianza
dell’intelligenza umana, il richiamo di contatto dell’umanità.
I pappagalli si chiamano per nome. Se uno imita il richiamo di contatto di un altro lo fa per ricevere
la sua attenzione.
Se mai intercettassero il messaggio di Arecibo rimandato sulla Terra, gli umani capirebbero che
qualcuno sta cercando di attirare la loro attenzione.
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Noi pappagalli siamo abili nell’apprendimento vocale: quando sentiamo suoni nuovi possiamo
imparare a riprodurli. È una dote che possiedono pochi animali. Pur capendo decine di comandi, un
cane non farà altro che abbaiare.
Anche gli umani sono abili nell’apprendimento vocale. È una dote che abbiamo in comune. Perciò
umani e pappagalli hanno un rapporto speciale con i suoni. Non ci limitiamo a strillare.
Pronunciamo. Enunciamo.
Forse è per questo che gli umani hanno costruito Arecibo così com’è. Un ricevitore non dev’essere
per forza un trasmettitore, mentre Arecibo è entrambe le cose. È un orecchio per ascoltare e una
bocca per parlare.
*
Sebbene gli umani vivano accanto ai pappagalli da migliaia di anni, solo di recente hanno preso in
considerazione la possibilità che anche noi siamo esseri intelligenti.
Però non posso biasimarli. Neppure noi li consideravamo particolarmente svegli. È difficile trovare
sensato un comportamento molto diverso dal proprio.
Eppure siamo molto più simili agli umani di quanto potrebbe mai essere una qualsiasi specie aliena
e possiamo essere osservati da vicino, guardati negli occhi. Come fanno gli umani ad aspettarsi di
riconoscere un’intelligenza aliena se possono giusto origliare da una distanza di cento anni luce?
*
Non è una semplice coincidenza se “aspirazione” rimanda al tempo stesso alla speranza e al respiro.
Quando si parla, si usa l’aria dei polmoni per dare forma fisica ai pensieri. I suoni che si producono
sono sia intenzioni sia forza vitale.
Parlo dunque sono. Gli esperti di apprendimento vocale, come pappagalli e umani, sono forse gli
unici esseri che comprendono appieno la veridicità di tale concetto.
*
Formare i suoni con la bocca suscita piacere. È un atto così primitivo e viscerale che nel corso della
storia gli umani l’hanno ritenuto un percorso verso il divino.
I mistici pitagorici credevano che le vocali rappresentassero la musica delle sfere e cantavano per
trarre forza da esse.
Quando parlano le cosiddette «lingue», i cristiani pentecostali credono di parlare quella usata dagli
angeli.
Quando recitano i mantra, i bramini indù credono di rafforzare i fondamenti della realtà.
Solo una specie di esperti di apprendimento vocale può attribuire tanta importanza al suono nei suoi
miti. Noi pappagalli lo comprendiamo.
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Secondo la mitologia indù, l’universo fu creato con il suono «Om», sillaba che contiene tutto ciò
che è stato e tutto ciò che sarà.
Se è puntato verso lo spazio fra le stelle, il radiotelescopio di Arecibo percepisce un debole brusio.
Gli astronomi la chiamano «radiazione cosmica di fondo», ovvero la radiazione residua del Big
Bang, l’esplosione che quattordici miliardi di anni fa creò l’universo.
Lo si può anche considerare un riverbero appena percepibile di quell’iniziale «Om». La sillaba
risuona a tal punto che il cielo notturno continuerà a vibrare finché l’universo avrà vita.
Quando Arecibo non ascolta altro, sente la voce della creazione.
*
Anche noi amazzoni di Portorico abbiamo i nostri miti. Per quanto semplici, credo che agli umani
potrebbero piacere.
Purtroppo, via via che la mia specie si estingue si perdono anche i miti. Dubito che gli umani
riusciranno a decifrare la nostra lingua prima che sia troppo tardi.
L’estinzione della mia specie, quindi, non equivale solo alla perdita di un gruppo di uccelli ma
anche alla scomparsa di una lingua, di rituali e tradizioni. È il soffocamento della nostra voce.
*
Sebbene siano state le loro attività a portare la mia specie sull’orlo dell’estinzione, non ce l’ho con
gli umani. Non l’hanno fatto con malignità, sono semplicemente stati incuranti.
E sono capaci di creare miti stupendi: hanno proprio una straordinaria immaginazione.
Sarà per questo che hanno anche immense aspirazioni. Pensate ad Arecibo. Qualunque specie in
grado di costruire un apparecchio simile deve avere in sé una qualche forma di grandezza.
Temo che la mia specie non vivrà a lungo: è anzi probabile che si estingua prima del tempo e che
anche noi finiremo nel Grande silenzio. Prima di sparire, però, vogliamo mandare un messaggio
all’umanità.
Speriamo che il radiotelescopio di Arecibo le permetta di sentirlo.
Ecco il messaggio:
Tu buona. Io voglio bene.

Luoghi

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