Kiefer Anselm

Anselm Kiefer nasce nel 1945 a Donaueschingen, Germania. Fino al 1993 lavora a Buchen, Germania. Nel 1993 si trasferisce a Barjac, Francia. Dal 2007 vive e lavora a Parigi. Le sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo e nelle più prestigiose collezioni private. Nell'ottobre del 2007, tre dei suoi lavori sono entrati a far parte delle collezioni del Louvre. Nel 1999 ha ricevuto a Tokyo, dalla Japan Art Foundation, il 
Praemium Imperiale Award e nel 2008 il Peace Prize della Fiera del Libro di Francoforte, assegnato per la prima volta ad un artista. Nel 2010 gli è stata assegnata la cattedra di Création artistique al Collège de France. 
Sono numerose le mostre che la Galleria Lia Rumma gli ha dedicato a partire dal 1992. Da quella prima mostra napoletana, la collaborazione si è sempre più consolidata, raggiungendo uno dei suoi momenti apicali nella realizzazione dei Sette Palazzi Celesti, installazione permanente con cui nel 2004 l’Hangar Bicocca di Milano ha inaugurato le sue attività. 

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Futuro Antico. Intervista ad Anselm Kiefer
By  Marco Bassan
1 giugno 2022
   
PROTAGONISTA DI UNA DELLE MOSTRE DELL’ANNO, ALLESTITA NELLA SALA DELLO SCRUTINIO DI PALAZZO DUCALE A VENEZIA, ANSELM KIEFER SI INTERROGA SUL FUTURO NELLA RUBRICA CURATA DA SPAZIO TAVERNA
Sta facendo il giro del mondo la notizia dell’apertura al pubblico di La Ribaute, l’ex fabbrica di seta a Barjac, nel sud della Francia, acquistata da Anselm Kiefer (Donaueschingen, 1945) nel 1992 e trasformata nel suo studio e nella sua abitazione fino al 2007. Uno spazio modellato dall’artista che oggi è composto da gallerie sotterranee, installazioni e addirittura un anfiteatro. In questa intervista Kiefer parte dal passato per connettersi al futuro.
Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Questa è una domanda molto difficile alla quale rispondere, per me l’ispirazione può risalire a opere d’arte che affondano le loro radici molto indietro nel tempo. Ho difficoltà a rispondere dicendo ManetMunch o van Gogh… Ricordo che a sedici anni ho fatto un lungo viaggio alla ricerca delle tracce di van Gogh in Olanda e in Belgio e a Parigi, dove ho persino lavorato tre settimane in una fattoria vicino a dove lui ha vissuto. Anche se ci sono delle copie di sue opere che ho fatto quando avevo quattordici anni, non posso dire che le mie ispirazioni risalgano solamente alla pittura moderna. La mia ricerca può andare molto indietro nel tempo, fino agli albori dell’umanità: nelle grotte di Lascaux, ma anche più in profondità, come ad esempio nella grotta di Chauvet vicino al mio studio.
Spiegaci un po’ meglio.
Questa grotta è più antica di Lascaux, risale infatti a circa 30mila anni fa.  Qualche anno fa, in occasione del mio compleanno, il prefetto mi ha permesso di visitare le grotte che solitamente non sono aperte al pubblico, e lì ho scoperto che, anche se più antichi di Lascaux, questi reperti sono molto più elaborati. Credo che l’arte non sia un processo evolutivo lineare, come artista si può tornare indietro nell’evoluzione della storia dell’arte e non essere ingabbiati in una idea di progresso.  Puoi rifarti a Lascaux o ispirarti alle tribù primitive in Africa, come fece Picasso.
Se poi parliamo di pittura, Tintoretto è sempre stata una mia fonte di ispirazione, anche prima dell’intervento realizzato a Palazzo Ducale. Lavori come la Scuola di San Rocco sono opere d’arte inaudite, un lavoro fantastico. Quando mi chiesero alla National Gallery di Londra di scegliere un quadro tra i pittori che amo, io ho scelto l’Origine della Via Lattea. La sfida era rifare, nello stesso formato, una mia opera che è stata esposta accanto a quella originale di Tintoretto. Sicuramente se dobbiamo parlare di pittori lui è la mia prima fonte di ispirazione.
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Il progetto più sfidante per me è stato il Grand Palais a Parigi durante Monumenta. Lì per la prima volta ho combinato pittura, scultura e architettura. Stavano cercando un artista e io ho accettato in maniera completamente naïve. Lo spazio infatti è enorme e ho avuto molte difficoltà nel portare avanti il progetto, perché ho dovuto costruire sette case e ho fatto la scultura della torre, come quella di Milano, ma più alta.
Ho avuto una grande crisi perché sembrava così stupido voler competere con la grandiosità del Grand Palais. Per fortuna sotto la torre non c’era nulla e allora con una escavatrice e un martello pneumatico ho buttato giù la torre. E me lo hanno fatto fare! Non è facile in Francia fare questo tipo di cose…
Che importanza ha il genius loci all’interno del tuo lavoro?
Normalmente dico che l’edificio che ospita il quadro deve essere costruito dopo il quadro.
Ci deve essere una soglia che annuncia che ora stiamo entriamo in un altro mondo.
Ma altre volte mi piace muovermi in una stanza che ha già una sua impressione.
In questi casi la sfida è reagire e trovare una via d’uscita, come nel caso delle sale di Palazzo Ducale a Venezia.
 

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