Delfino Alessio

Il suo iter fotografico, a partire, espositivamente, dalla fine degli anni Novanta, si innesta nella metastoria di un’immagine cinetica, reale o virtuale, che trova i suoi antecedenti in Muybridge e Marey, e le sue espressioni artistiche nei movimenti del Cubismo e del Futurismo. Il suo ciclo dei Rêves è il primo processo radicalmente digitale, iniziato alla fine del 2012. Un’impressione visiva immediata, sembra restituire la totalità fisica del corpo o dei corpi, nel loro movimento nello spazio, mentre, a ben guardare, si possono ritrovare sorprendenti punti di contatto con il processo di sintetizzazione dell’immagine cubista. Infatti, decostruendo la struttura compositiva di parti del corpo, in cui apparizione e sparizione si compenetrano, si scopre che Delfino restituisce l’effetto ottico della trasparenza delle membra, mettendo in opera la modalità della fusione. Si parla appunto di compenetrazione e di fusione, mai di sovrapposizione, il cui esito sarebbe l’opacità e la pesantezza dei punti di contatto. Per visualizzare meglio questo parallelo, sarebbe utile riferirsi, a semplice titolo di esempio, a Les Demoiselles d’Avignon di Picasso o al Jeune homme triste dans un train di Duchamp. Prese le distanze dagli elementi compositivi di cubi, triangoli e spigoli, di questi maestri dell’avanguardia, per focalizzare, nella lettura, cerchi, linee e sinuosità, di questo fotografo contemporaneo, si rilevano ulteriori analogie e rispondenze nella ricercata neutralità dei valori tonali, nell’abbandono della resa prospettica a vantaggio di quella grafico-pittorica, ad effetto arazzo, nel riassorbimento della figura nel fondo, intenzione ed esito avvalorati dal ricorso ad una carta da acquarello, a base di cotone. L’artista infatti parla di desaturazione del colore, di decostruzione dell’impianto strutturale in direzione di una narratività.
Delfino persegue, nel processo di stampa digitale, zone di uniformità tra l’immagine ed il fondo, ottenendo il risultato di un’attenuazione del contrasto del chiaroscuro, di una diffusione del luminismo sulla pellicola tattile del supporto. Da un corpo reale nasce la realtà di un corpo immaginale che si dischiude a ventaglio, sboccia in una corolla, si addensa in un tronco, esplode in un astro. Le gambe si flettono, talora, nel vuoto, mani e braccia remano nello spazio. I capelli lisci, al vento o in caduta, mimano la fluidità dell’acquarello, ridisegnano lo skyline di un continuum di visage/paysage, ora addensati ora disseminati.