Bonaldi Giovanni

Si forma al Liceo Artistico Statale di Bergamo e alla NABA di Milano dove Gianni Colombo lo introduce nel mondo delle avanguardie e lo esorta a ricercare soprattutto in direzioni e tecniche sconosciute. Gli anni trascorsi nello studio di Lucio Del Pezzo sono ricordati da Bonaldi come un periodo formativo in una bottega rinascimentale. Renata Boero è invece il mondo dei colori, dei profumi, degli odori. Da Kengiro Azuma viene l’idea del pieno e del vuoto, il concetto Zen di arrivare all’essenza delle cose anche grazie alla sottrazione. Da Umberto Mariani giungono l’amore per la materia e l’incidente di percorso. Meglio dire meno che troppo. Protagonisti di un lavoro possono essere anche un puntino o una macchia caduti per caso sull’opera, apparentemente destabilizzanti ma in realtà molto significativi. Walter Valentini soleva svelare agli allievi i suoi segreti, inclusi i processi poco ortodossi della calcografia, volti alla sperimentazione e al dialogo fra la carta e la lastra di zinco. Vittorio Fagone aveva capito subito l’importanza della videoarte; anche in questo la NABA è stata all’avanguardia. Al termine degli studi viene nominato assistente di Gianni Colombo presso l’Accademia nel corso di “Strutturazione dello Spazio” e successivamente diventerà docente di discipline pittoriche presso il Liceo Artistico Statale di Treviglio e poi di Bergamo. 
Nel 1996 conosce la poetessa Alda Merini con cui Bonaldi stabilisce un profondo rapporto di amicizia. Nel gennaio del 1997, viene dato avvio ad un progetto che vuole raccogliere gli scritti inediti della poetessa e le incisioni più significative di Bonaldi in un libro d’artista col titolo Curva di fuga che viene pubblicato con le edizioni dell’Ariete e presentato da Alda Merini presso il Castello Sforzesco di Soncino (Cr) in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria alla poetessa milanese. La collaborazione con Alda Merini continua fino alla sua scomparsa. 
Dopo aver conosciuto il lavoro di Bonaldi, Roberto Sanesi gli consiglia di approfondire le analogie con la cultura ebraica, con quelle lettere e numeri che l’artista inseriva spontaneamente nei suoi lavori e che presto diventano lettere e numeri ebraici. Con curiosità e passione l’artista inizia a studiare l’alfabeto ebraico, scopre i significati più profondi dei vocaboli di questa lingua semitica e comincia ad interessarsi alla Cabbala, una componente della mistica ebraica. Nel frattempo si moltiplicano le esposizioni alle quali Giovanni Bonaldi è invitato. 
Nel 2009 nasce l’amicizia e il rapporto professionale con Arturo Schwarz che si concretizza nel 2011 nella realizzazione di un libro d’artista dal titolo “Una poesia per ogni giorno della settimana di Linda” con poesie di Schwarz, cinque incisioni e due disegni di Giovanni Bonaldi, edito da Mudima. Presso la Fondazione Mudima, nel 2014 si inaugura la mostra personale dal titolo “Tzlil – Suono” curata da Gino Di Maggio, Arturo Schwarz, Jean Blanchaert e Gianluca Ranzi con un catalogo in lingua italiana ed ebraica, stampato secondo il sistema di scrittura ebraico. 
Nel mondo ebraico Elio Carmi e Arturo Schwarz sono stati i primi a credere nel lavoro di Bonaldi, Carmi esponendolo più volte al Museo delle Luci di Casale Monferrato; Schwarz, scrivendo spesso testi introduttivi alle sue mostre, ragionando molto seriamente sulla sua opera e volendo con forza la mostra antologica alla Fondazione Mudima. 
Il lavoro di Bonaldi non è però soltanto sacro. Sembrano delle radiografie le impronte del corpo della sua musa, oggetto di molte opere. Radiografie molto sensuali. Assai realistici sono i dipinti che raffigurano la vanga nella malta e ricordano la professione del padre. I disegni, gli scritti e i dipinti realizzati dopo il tanto anelato viaggio in Israele, nel novembre del 2013, raccontano una Terra Promessa da fantascienza con spifferi di aura divina che escono inesorabili, spessi e veloci dagli spiragli delle case per avvolgere, sanare, per beneficare chi si trovi sul loro cammino.