Biondi Marco

Marco Biondi nasce a Roma nel 1965. Inizia a fotografare negli anni ’80 E comincia a lavorare all'inizio degli anni ’90 dopo aver frequentato l'ISFC. Lavora con tutte le più importanti agenzie d’Italia per campagne nazionali e internazionali; le sue foto vincono diversi premi, tra i quali il 14° e il 16° ADCI Awards (Annual 1999 e 2001). È rappresentato dal 1996 dall’agenzia fotografica Allucinazione. Sito web: www.marcobiondi.it

Sull’artista
 «...A Marco Biondi interessa, attraverso l'affermazione del gioco e dell'assurdo, lo scardinamento della nozione di lavoro artistico, quale produzione particolare e privilegiata dell'immaginazione. Con la serie dei trans di Biondi l'arte è veramente al servizio dell'io, e non è mai al servizio del noi, inteso come corpo sociale che pratica a livello comunitario la propria liberazione attraverso l'esperienza artistica. Qui il livello politico consiste nell'affermazione totale dell'io, sottratto alla quotidiana normalità e parzialità e consegnato a una globalità che continua tra maschile e femminile comunque a riguardarlo individualmente. Lo scarto qui avviene nella diversità del progetto fotografico, nell'affermazione di un’arte come pratica liberatoria del'io e del noi. La pratica si svolge attraverso il recupero e il privilegio della nozione di lavoro artistico, nel senso di un funzionamento dell'io al di fuori del proprio cerchio egotico o attraverso il proprio cerchio egotico, fino a raggiungere la socialità e la storia...».  Achille Bonito Oliva, per la mostra Transfotografia
«...Benvenuti nell’inferno di mezzo, che non è vita e non è morte, non è giorno e non è notte, non è palese ma esiste, non è donna e non è uomo...». Chiara Oggioni Tiepolo, per la mostra Transfotografia
«Le immagini di Marco Biondi non appaiono mai nitide, sembrano dipinte, esprimono fugacità, introspezione, vacuità quasi fossero acquerelli le cui dominanti, rintracciabili nei giochi luminosi, negli effetti vellutati, nei ritmi e nelle vibrazioni delle forme, sembrano individuare una sottesa volontà di sfuggire allo sguardo dello spettatore. Con la stessa sensibilità con cui conferisce dignità al cardo, al carciofo, al melograno, descrive fotograficamente il paesaggio nebuloso,melanconico, dell'alba. I fiori sono proposti quali eroi tragici e ancora come figure simboliche, altisonanti e cariche di storia, splendide e mistiche: una minima antologia fotografica nel cui ambito si inseriscono le elaborazioni virtuali di corpi nudi, tremendamente femminili. Personaggi impossibili, creati, quasi disegnati: il risultato sorprende, coinvolge emotivamente riproducendo una realtà intima, personale ai limiti del poetico». Antonio Arévalo, per la mostra Florilegio
«Lo scatto che nelle foto di Marco Biondi immortala la natura - che sia una rosa in un bicchiere, un paesaggio all' alba o un nudo, mosso, di donna - non salva la realtà dall'erosione del tempo. Che continua a trascorrere inesorabile, dentro e fuori dal quadro. La sequenza di cento scatti che il fotografo romano, classe 1965, propone alla galleria Santa Cecilia, inizia con una parete di poveri fiori in una resa fotografica (polaroid e digitale) volutamente povera. E accanto all' ortensia in un vasetto o al papavero secco sul tavolo, Biondi ha scritto: La fotografia della materia che invecchia rallenta il processo invecchiando con essa. Il fotografo ha scelto apposta luci casuali, inquadrature essenziali. E se i fiori rimandano a quelli secchi dipinti da Mario Mafai, i recentissimi nudi femminili ricordano i corpi sofferti della plastica michelangiolesca». La Repubblica, per la mostra Florilegio